“Da quando Baggio non gioca più non è più domenica”: ormai da anni le parole di Cesare Cremonini rievocano una dolce malinconia ripensando a colui che da molti viene ritenuto il più grande giocatore italiano di tutti i tempi.
2004. All’ultima giornata di campionato, il Brescia del Divin Codino, salvo da un pezzo anche grazie ai gol del suo numero 10, è ospite del Milan campione d’Italia, fresco di scudetto conquistato aritmeticamente due settimane prima nello scontro diretto con la Roma. Così, dopo quell’1-0 firmato Shevchenko, San Siro torna il centro del mondo calcistico per una nuova, malinconica, festa. Il 16 maggio del 2004, Roberto Baggio da l’addio al calcio che un campione del suo rango meritava.
Il match Milan-Brescia terminò per 4-2 in favore dei rossoneri già campioni d’Italia. In gol, per la squadra di Carlo Ancelotti, Rui Costa, Andriy Shevchenko e doppietta di Jon Dahl Tomasson. Per le ‘Rondinelle’ doppietta di Matuzalem.
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Baggio Lascerà dopo 643 partite da professionista con i club, dall’esordio con il Vicenza all’amata Fiorentina, passando per il trasferimento alla Juventus, tra polemiche e trofei (in bianconero arriva anche il Pallone d’Oro del ’93), le stagioni a Milano (prima il Milan, poi l’Inter), intervallate dalla dolcissima parentesi di Bologna, che lo rigenera e lo porta al Mondiale del ’98, fino alla scoperta di Brescia, per il finale di carriera scritto disegnando magie fino all’ultimo, e con un’altra convocazione al Mondiale, quello del 2002, che probabilmente sarebbe stata meritata e che gli venne negata.
Duecentonovantuno i gol, quasi impossibili da contare gli assist: si fa molto prima a citare i compagni d’attacco che ha reso felici, anche se l’elenco è lungo anche qui: Borgonovo, Casiraghi, Schillaci, Vialli, Ravanelli, Weah, Andersson, Vieri, Ronaldo, Hubner, Tare, Toni…
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