22 marzo 1996: nasce in Giappone da Capcom, con il titolo iniziale “Bio Hazard” un videogioco survival horror che sarà solo il primo capitolo di una quasi infinita saga di videogiochi, film e serie, quello che tutti oggi conosciamo con il nome di “Resident Evil”.
Uscito originalmente su PlayStation è stato successivamente convertito per il Sega Saturn e PC includendo i video non censurati della versione giapponese, e dove tra l’altro si aggiungevano delle nuove armi sbloccabili. Più tardi è stato ripubblicato due volte su PlayStation nella versione Director’s Cut e, nel 2002 è poi uscito un remake del gioco.
Per quei pochi appassionati di videogiochi che non ne conoscono la storia è doveroso sottolineare che la vicenda è ambientata nel luglio 1998, pertanto 2 dopo l’uscita effettiva del gioco, a Raccoon City, una città fittizia del Midwest americano.
Sappiamo che il survival horror, come genere, soprattutto nei ’90 è esploso in tutte le sue forme e quella del genere è appunto una caratteristica che quando azzeccata può fare la fortuna dei suoi ideatori.
E la fortuna è anche decretata dalle contaminazioni transmediali che il titolo è in grado di “muovere”, con questo si intendono tutte le tematizzazioni di videogiochi differenti che però per genere, immaginario o interpreti attingono a grandi cult. Prendiamo per esempio il mondo dei portali dedicati ai giochi da casino dove le sezioni dedicate ai titoli di slot presentano proposte esattamente in questa linea, vedi “Zombie lab” per citarne uno.
Ma tornando alle caratteristiche proprie di uno dei primi videogiochi usciti per la console Sony PlayStation, Resident Evil appunto, a ben vedere anche lui si ispira a sua volta ad altri titoli del passato, come “Alone in the Dark” e “Sweet Home”, il gioco nato nel 1989 ispirato all’omonima pellicola.
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