Nino D’Angelo è stato intervistato dal Corriere della Sera dove ha raccontato gli inizi della sua carriera, ecco un estratto:

A proposito di periferie: il crollo alle vele di Scampia è una ferita aperta.

«Sono stato uno dei primi a parlare di Scampia negli anni 80, quando la gente non sapeva dove si trovasse. E il mio disco “A nu passo d’a città”, del 97, nei titoli era dedicato “alla gente di Scampia”. Ma certe cose oggi non dovrebbero esistere, non se po’ morì accussì. Sono molto vicino a quelle persone, è un’ingiustizia e non c’è perdono».

Tornando ai suoi inizi: si è sentito molto snobbato?

«Molto. Ho subito molto razzismo musicale e anche umano. Quando sono venuto a Milano negli anni 70 ero il terrone d’Italia, ma non me ne fregava niente, vendevo dischi e andavo avanti. Oggi la parola terrone è diventata simpatica, ma allora non lo era. Ora la gente mi ama e mi vede come un papà buono, mi sono sposato una sola volta e sono fuori moda: sono tutti separati».

Come si arriva a 45 anni di matrimonio?

«Tanti si sposano per fare la festa, io l’ho fatto veramente per amore. In questo non si può essere maestri, ma se uno è innamorato lotta perché duri. Io ho vissuto per i valori perché venivo da una famiglia poverissima ed erano l’unica ricchezza che avevo».

fonte CORRIERE