È andato in onda ora a “Le Iene” il monologo del cantautore Marco Masini che si è raccontato senza filtri, ripercorrendo uno dei momenti più duri della sua vita, quello in cui dilagavano dicerie sul suo conto e veniva additato come ‘porta sfortuna’. Tutta quella negatività però, Marco l’ha trasformata in un’opportunità per rialzarsi e fortificarsi ancora di più.
Queste le sue parole:
«Avevo 19 anni quando morì mia madre. Non credo esista un’età “giusta” per perdere la madre, ma 19 anni sono veramente pochi. A parte il calcio, era la musica la mia passione. E il pianoforte era il mio modo per anestetizzare il dolore. Quando iniziai a lavorare con la musica fu un sogno che si avverava. Facevo il pianista per cantanti famosi avevo poco più di vent’anni e provavo qualcosa che assomigliava alla felicità. Poi è cambiato tutto velocemente. Si accorsero che cantavo bene, ho partecipato a Sanremo e ho vinto. Il successo, i soldi, un ingannevole senso di onnipotenza. Forse non ero preparato a tutto quello, forse ho fatto degli errori, mi sono comportato in modo sbagliato con persone che non lo meritavano, o con persone importanti del mondo dello spettacolo. Mi sentivo al di sopra di tutti. Macchine costose, una casa nuova, ero convinto che sarebbe stato così per sempre. E invece tutto precipitò in fretta, quando qualcuno nell’ambiente cominciò a far girare quelle voci fastidiose. Sai…quelle cose odiose che dicevano già da tempo anche di una grande artista…che poi si tolse la vita? E porta sfiga.. Emana energie negative. Ma l’unica persona a cui avevo portato sfiga ero io. E non per delle superstizioni stupide, ma perché, abbagliato da quel successo troppo veloce, avevo perso di vista quello che veramente era importante per me. La musica. In poco tempo mi ritrovai senza contratti discografici, senza tv che mi ospitavano, senza radio che mi trasmettevano, senza concerti e a un certo punto decisi di smettere. Ero di nuovo al punto di partenza: io, un dolore, e un pianoforte. E sono stato fortunato. Perché è stato allora che ho ritrovato quella passione che mi muoveva da ragazzo, la voglia di suonare, cercare note e parole, raccontare storie. Poi ci sono tornato a Sanremo, ho anche vinto di nuovo, ma stavolta era diverso. Un secondo calcio di rigore, quando già ne avevo sbagliato uno. E non importa se non sono più i milioni di dischi dei vent’anni, non importa neanche se non ce li ho più vent’anni. Quando capisci che, molto più dei numeri e dei trofei e delle macchine, conta quella passione che ti muove da sempre, allora quel rigore, stavolta, lo segnerai. Con un po’ di fortuna».
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