La cantante si racconta in una lunga intervista a “Vanity Fair”.
Di droghe, assunte e archiviate, follia, schizofrenia e inadeguatezza fisica e sessuale Gianna Nannini parla nell’autobiografia (ricca di episodi inediti), pubblicata come coperttina da “Vanity Fair”, a pochi giorni dal lancio di “La differenza”, il suo nuovo singolo nell’ omonimo album.
“Ho sempre amato uomini e donne e non ho mai avuto freni nel sentire e seguire quello che volevo (…) Alla parola gay, preferisco frocio. Chi è libero nel linguaggio è libero dentro”.
Poi sulla cocaina
Dalla cocaina, per un po’ di tempo, quasi quarant’anni fa, sono stata dipendente. Ero a Londra e ce la portavano in studio con la stessa semplicità con cui oggi ti consegnerebbero un panino. Il momento in cui ha deciso di smettere? “Non stavo mai senza cocaina, ci viaggiavo, ero del tutto incosciente. Un giorno vado in bagno e mentre scarto il sasso rosa, quello mi cade nel cesso. Lo vedo sparire nell’acqua e, mentre si scioglie lentamente e sto per metterci le mani dentro, mi dico: ‘Non posso fare questa cosa, non posso ridurmi così’. Ho smesso lì. Il giorno dopo. Poi ho avuto una ricaduta, ma dopo aver fatto un tiro e aver bevuto una tequila prima di un concerto, collassai e dissi definitivamente basta”.
Sull’amore invece
Ho sempre amato uomini e donne e soprattutto non ho mai avuto freni nel sentire e seguire quello che volevo. Le ho sempre rifiutate, le definizioni. Al termine “coming out”, che ghettizza, ho sempre preferito la parola libertà. Alla parola gay, che ti pretenderebbe felice e ormai non usano più neanche in America quando indicono un pride, preferisco frocio. Chi è libero nel linguaggio è libero dentro”.
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