Sul suo profilo Facebook, Giuliana De Sio ha fatto sapere di essere stata contagiata dal Coronavirus e di esserne uscita con molta fatica. L’attrice è stata ricoverata in isolamento all’ospedale Spallanzani di Roma per due settimane. Dalle sue parole apprendiamo che ora è guarita, come risulta dagli ultimi tre tamponi eseguiti, ma che ha affrontato una delle prove più brutte della sua vita.
“Sono stata in silenzio anche perché non avevo voce né parole per la mia narrazione dell’orrore. Nemmeno adesso ce l’ho, spero che in un secondo tempo troverò le parole e l’energia per descrivere l’invivibile e l’impensabile che mi torturano da settimane… sono in isolamento allo Spallanzani da due settimane per aver contratto il virus con annessa polmonite in tournée a metà febbraio“.
L’attrice prova a descrivere la sofferenza fisica e psicologica che ha provato in questi giorni “la solitudine feroce di questa situazione e il dolore fisico e mentale che ne derivano sono la prova più dura a cui io sia stata sottoposta in tutta la mia vita. Sentivo per ora, con le poche energie che mi sono rimaste, di comunicarvi questo, anche un po’ per spiegare la mia improvvisa scomparsa dal profilo e dalla pagina, ora spero che il mio telefono non si scatenerà più di quanto non abbia fatto in queste lunghe lunghissime giornate fatte di paura mancanza di respiro e solitudine siderale“.
Alla fine del post la felice notizia che la De Sio ha sconfitto il Coronavirus “ma la buona notizia è che il virus è sconfitto, sono al terzo tampone negativo, anche se molto indebolita. Vogliatemi bene perché qui, i metodi sono a dir poco sbrigativi e ti senti più abbandonato che mai, e non mi dilungo, anche se so cosa succede nel mondo, voglio uscire!!!
Molti i commenti di chi le ha fatto gli auguri, ma tante persone hanno trovato infelici le parole riservate (non direttamente, ma implicitamente) ai medici e allo staff dello Spallanzani “i metodi sono a dir poco sbrigativi e ti senti più abbandonato che mai”. L’attrice salernitana ha poi scritto un nuovo post nel quale specifica che le sue intenzioni non erano quelle di sminuire i medici.
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