Il cantautore Enrico Ruggeri, sul settimanale Visto, parla del suo primo romanzo dal titolo “Un gioco da ragazzi”, scritto durante il lockdown, una storia ambientata nel 1968:
“Volevo raccontare questa storia già da un po’. Con i miei tempi, in una situazione di normalità, ci avrei messo due o tre anni. Poi è arrivato il lockdown e mi sono messo a lavorare cinque o sei ore al giorno. Per me sarebbe stato impensabile in un altro momento. E’ un romanzo storico, per cui mi sono dovuto documentare bene e per la prima volta nella mia vita mi sono dedicato ad un unico progetto. In genere faccio un sacco di cose assieme: la radio, la Tv, lo studio di registrazione, la vita sociale”.
E poi continua, parlando della musica:
“Per me la musica è stata una salvezza: mi ha difeso dalla violenza e dalla droga. Era l’unico modo che avevo per sfuggire ad una realtà complicata, ma non pensavo che si sarebbe trasformata prima in una passione e poi in un lavoro”.
E a proposito del Festival di Sanremo e della possibilità di partecipare come direttore artistico e conduttore, Ruggeri dichiara:
“In prospettiva non escludo nulla. Come non escludo affatto di tornarci in gara: non ho mai fatto una malattia per non andarci, ma nemmeno il contrario. Non a caso, ho partecipato alla kermesse un sacco di volte. Quest’anno non ho presentato canzoni, ma il lavoro in studio non l’ho mai trascurato: quando posso mi trovo con i miei musicisti. Debitamente distanziati, in due o tre alla volta, non abbiamo mai smesso di fare musica”.
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