Ieri sera Renato Pozzetto è stato intervistato su Rai Due e ha raccontato alcuni aneddoti sui suoi inizi. Pochi giorni fa è andato alla premiazione dei David Di Donatello 2021 con una nomination in tasca come miglior attore per il film di Pupi Avati “Lei mi parla ancora” senza vincerla. Dopo un messaggio del suo grande amico Massimo Boldi, l’attore ha voluto raccontare gli esordi della sua carriera in completa povertà.
Gia tempo fa aveva dichiarato a Movag:
Da dove nasce la sua comicità?
Sia io che Cochi siamo partiti molto modestamente, prima suonando per noi stessi con gli amici frequentando le osterie. Ce n’era una in particolare, L’Oca d’Oro a Milano, animata da tanti artisti, in particolare pittori. Andare lì costava poco, c’era posto per suonare e il gestore, che era un ex boxeur, era molto disponibile e amava le canzoni popolari. Ogni tanto si metteva a cantare con noi insieme agli avventori. Insomma, eravamo più che sopportati. Un bel giorno lì vicino, hanno aperto una galleria d’arte notturna, un fenomeno singolare, e abbiamo iniziato a bazzicare quel posto sempre insieme a tanti artisti, come Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Dario Fo.
È stato quello l’incontro decisivo?
Eh sì, loro erano già i nostri miti. Ci siamo conosciuti e frequentati. Poi i gestori della galleria d’arte hanno aperto anche un cabaret che si chiamava Cab 64, e sono arrivati tanti altro, come Nino Toffolo, Felice Andreasi, Bruno Lauzi. In qualche modo si è formato un gruppo di amici-artisti che si davano una mano l’un l’altro. Gaber prestò a darci lezioni di chitarra, perché eravamo disperati. Cochi ha imparato, io no. La vera svolta, però, è stata quando Jannacci ha ricevuto l’offerta del Derby Club per formare un gruppo che lavorasse da loro. Ci siamo finiti dentro anche io e Cochi. La botta è stata quella. Ci siamo chiamati “Il gruppo motore”, per l’energia che doveva sprigionare essendo responsabile della parte artistica del cabaret.
Invece ieri in trasmissione ha detto del suo rapporto con Massimo Boldi:
“Massimo stava in un orchestra che ci accompagnava durante le nostre esibizioni al Derby insieme al fratello. Lui suonava la batteria e poi ci hanno seguito anche in varie apparizioni live. Eravamo veramente disperati, al di fuori del lavoro cercavamo di descrivere le cose che ci capitavano nella vita. Cercavamo di raccontare le nostre cose divertenti, eravamo talmente poveri che l’unica cosa che potevamo fare era parlare per far ridere. Questo era il trucco che usavamo anche con i nostri spettatori”
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