Nel 1990, Ritorno al Futuro – Parte III si concludeva con questo scambio di battute:
Marty McFly – Doc, dove vai adesso? Ritorni al futuro?
Doc – No, ci sono già stato.
Dopo l’ultima frase, Doc scompariva a bordo del suo treno del tempo, ma ora una nuova serie a fumetti svelerà le avventure sue, di Clara e dei loro due figli ai quali si riferivano proprio quelle parole.
Back to the Future: Tales from the Time Train sarà scritto da Bob Gale (Daredevil, Amazing Spider-Man) e John Barber (Transformers, Ultimate X-Men) per i disegni di Megan Levens (Buffy: The Vampire Slayer, Madame Frankenstein) e arriverà sugli scaffali americani il prossimo dicembre.
L’Hollywood Reporter ha contattato i due sceneggiatori per scoprire qualche particolare in più su questa nuova serie:
IDW sta pubblicando i fumetti di “Ritorno al Futuro” ormai da un paio d’anni, ma è la prima volta in cui approfondite il significato di quella misteriosa frase che chiude il terzo film. È sempre stato uno degli obiettivi arrivare a questo punto?
Bob Gale – Quando alla IDW si interessarono ai diritti di Ritorno al Futuro, mi chiesero di realizzare nuove avventure con i figli di Marty e la generazione successiva. Io dissi di no, avevamo già preso in considerazione la cosa lavorando al videogioco Telltale nel 2010, e ci eravamo resi conto che i fan volevano rivedere Marty, Doc e i personaggi che avevano amato nei film.
Secondo me era molto più interessante rispondere a domande rimaste irrisolte per anni nella mente degli spettatori: come si sono conosciuti Marty e Doc? Perché la casa di Doc Brown ha preso fuoco? Questi, secondo me, erano buoni spunti per storie che i fan avrebbero voluto leggere.
Era un modo per rimanere fedeli alla mitologia di Ritorno al Futuro e i ragazzi alla IDW apprezzarono la proposta. Inizialmente doveva essere una miniserie di quattro numeri, ma le vendite andavano bene e diventò una serie regolare. A quel punto, con John Barber abbiamo iniziato a pensare ad archi narrativi più lunghi. L’idea di questa storia l’ha portata John, e io mi sono assicurato che il treno rimanesse sui binari.
John Barber – Quando è stato deciso di fare una serie regolare, ho buttato giù un paio di pagine con questa idea terribile, l’ho spedita e rileggendola dopo il week-end l’ho trovata ridicola. Ma Bob mi ha chiamato per parlarne: non era una buona idea, ma c’erano elementi interessanti. Sulla serie regolare abbiamo finito per raccontare la storia di Marty. Doc ne fa parte, ma non è il personaggio principale. L’idea di raccontare parallelamente una storia con Doc, Clara, Jules e Verne ci è sembrata un buon punto di partenza.
Gale – Ci stiamo sforzando di non fare nulla che porti i fan ad accusarci di aver incasinato la continuity. Se Doc nell’ultima frase del terzo film dice di essere già stato nel futuro, bisogna mostrarlo.
C’è sempre stata una storia dietro quella frase o nel film era soltanto una battuta?
Gale – È una battuta! È soltanto una frase a effetto, Doc è uno showman. Alla fine del primo film tutti dicono: Ommioddio, con quella scena finale eravate già certi di fare un sequel. No! Non avevamo alcuna idea che potesse esserci quella possibilità! Il copione originale era stato rifiutato quaranta volte, quindi non sapevamo nemmeno se qualcuno si sarebbe presentato al cinema. Pensavamo semplicemente che fosse un finale molto soddisfacente. Tutti i tuoi eroi che cavalcano verso il tramonto per un’altra avventura.
Ma come sottolinea spesso Robert Zemeckis, se avessimo davvero saputo che ci sarebbe stato un sequel non avremmo mai fatto salire Jennifer a bordo della macchina, perché non era un personaggio così ben delineato nel primo film. Infatti rimane priva di sensi per la maggior parte del secondo film. Ha un ruolo molto più grosso nel fumetto, l’abbiamo resa un personaggio vero e proprio.
Cosa si prova a lavorare su questo materiale e rendersi conto che avete riempito il film di tutte queste opportunità di raccontare nuove storie? È interessante tornare a esplorarle o ti maledici per aver lasciato quegli spazi bianchi che senti il bisogno di riempire?
Gale – Entrambe le cose! [ride] In alcuni casi ci strappiamo i capelli, ma altre volte è grandioso. Uno dei miei elementi preferiti è la DeLorean caricata da Doc Brown sul retro del suo furgone, quando la rivela è un grande momento che tutti ricordano. Ma se ci pensate, abbiamo già visto Marty nel laboratorio di Doc: se la DeLorean è stata costruita lì, come può non averla vista? Dovrebbe sapere della sua esistenza, invece non ne sa nulla. Come può avere senso?
Ci è venuta l’idea che Doc avesse un secondo laboratorio segreto, e questo ha portato ad altri elementi narrativi che potremmo usare. È strano che nessuno in trent’anni se lo sia mai chiesto, e vi assicuro che sono stato a un sacco di eventi su Ritorno al Futuro, ed ero convinto di aver sentito ogni domanda possibile. In qualche modo io e John siamo stati sorpresi da questa apparente incongruenza, e la spiegazione dell’altro laboratorio è stupenda!
John, lavorando su un’universo come quello di “Ritorno al Futuro”, devi mettere a tacere il fan che è dentro di te?
Barber – Un po’ sì, ma è divertente lavorare con Bob, perché è davvero focalizzato sui personaggi, ed è ciò che fa funzionare i film di Ritorno al Futuro. Mi addentro volentieri nelle meccaniche dei viaggi nel tempo, i dettagli scientifici e come qualcosa di simile potrebbe funzionare, ma questo non può essere il nucleo della vicenda. È il mondo in cui tutto questo avviene, ma è più importante come questo influenzi i personaggi, cosa imparano… È un film sui viaggi nel tempo, ma in realtà è un film su Marty McFly e Doc Brown.
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