In un’accorata intervista al “Corriere della Sera“, il figlio di Pino Daniele, Alessandro Daniele ricorda il padre in occasione della presentazione della nuova biografia dell’artista:
“Papà è nato nei quartieri popolari di Napoli, ha avuto una famiglia con numerosi problemi, è stato allevato da due vicine di casa benestanti, ha rischiato di restare per sempre sulla strada. Nonno Gennaro era malato di azzardo. Sperperava soldi, trattava male sua moglie e anche i suoi figli. Eppure papà non lo ha mai abbandonato e anche quando si è ammalato ha voluto fargli sentire il calore di una famiglia intorno. Diceva che lui l’odio lo aveva conosciuto davvero e non voleva averlo intorno a sé, in nessuna forma. Parlava napoletano, da ragazzo faceva fatica ad esprimersi in un italiano corretto. E dunque, sì, si è sentito escluso nel momento in cui ha deciso di fare musica”.
E poi fa una confidenza:
“Ci vedeva pochissimo, aveva delle cicatrici sul fondo oculare che gli tagliavano la visuale. Nel 1974, proprio per questo problema alla vista, venne esonerato dal servizio di leva che all’epoca era obbligatorio. Si spiega così il suo caratteristico sguardo leggermente di traverso. Vedeva male, ma non si è arreso, anzi, questo disturbo ha affinato il suo senso musicale, perché ha imparato a esprimersi attraverso le note e le parole”.
Poi arrivarono anche i problemi cardiaci:
“Mio padre era un miracolo in movimento. Pensi che ad un certo punto della sua vita aveva una vena sola che portava il sangue al cuore. I medici gli dissero che non avrebbe più fatto concerti, ma lui riuscì a ribaltare questa perizia. Le sue canzoni erano troppo importanti”.
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