Giorgio Mastrota è stato intervistato dal Corriere della Sera dove ha raccontato alcuni aneddoti sul suo passato e sui progetti futuri. Ecco un estratto:
Visti da vicino, com’erano i colossi della tv commerciale?
«Mai incontrato uno con l’umiltà di Raimondo Vianello. Quel mezzo inchino che riservava al telespettatore era lo stesso con cui si avvicinava alle costumiste, alle sarte, agli assistenti di studio, ai ragazzi della portineria. Sandra Mondaini mi trattava come se fossi suo figlio, amorevole, sempre. Quando iniziarono le televendite, c’era qualche settimanale che forzava i titoli e veniva fuori col virgolettato, attribuito a me, “eccomi, sono il re delle televendite”. A Mike, che era il vero re delle televendite, la cosa non piaceva. “Non devi dire questa cosa!”, mi diceva tutte le volte che lo incontravo in camerino. “Ma Mike, io non l’ho mai detta!”. “Sì ma tu non dirla”, insisteva. E io, che avevo un rispetto sacro per la sua figura: “Va bene, Mike, non la dico più”».
Mastrota, come ha fatto a sparire dal giro dei conduttori tv?
«La tv è fatta di alti e bassi. E chi la fa si divide in due categorie: quelli che se ne fanno una ragione e quelli che non ci stanno. Io sono sempre stato nel primo gruppo. Nel 1995 prendo in mano un programma, “Nati per vincere”, che va decisamente male. Avendo nel frattempo continuato a fare le televendite e le telepromozioni, con un certo successo, le aziende insistevano nel volermi e io a fare essenzialmente quello».
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