Alexia è stata intervistata dal Corriere in occasione della presentazione di una nuova versione di Uh La La La che porterà al Tomorrowland. Ecco un estratto:

Se ripensa a lei e a come era in quel 1997, che effetto le fa?

«Provo un po’ di tenerezza: non ho mai avuto un’idea precisa di quello che volevo dalla mia carriera, non in termini di quantità di cose da fare, almeno. Quello che avevo in testa era la qualità che inseguivo. Allora, dopo tre singoli di successo era arrivata questa canzone, più lenta, che mi permetteva di mostrare un altro mio lato. Ma poi, dopo tanti concerti e produzioni, è arrivato il burnout».

Si è sentita sopraffatta?

«Continuavo a girare come una trottola, senza avere tempo per me. A un certo punto mi sono chiesta: ma io, in tutto questo, chi sono? Nonostante i grandi successi stavo perdendo di vista quello per cui avevo iniziato a fare questo lavoro e ho scelto di rallentare un po’ la mia carriera: ero una ragazza di 27 anni che ne dimostrava anche meno e zompettava da un palco all’altro, sprigionando un sacco di energia, ma ignara che avrebbe pagato un conto altissimo».

Alexia sugli anni 90: “Sentivo circolare tanta positività. Con i registratori analogici dovevi cantare bene, perché quando il nastro finiva non potevi più registrare”

C’è stato un impatto psicologico?

«Sì. Alle soglie del 2000 ho avuto un crollo nel realizzare che ero una pedina mossa all’interno di un sistema. Non era così che mi immaginavo che fosse questo ambiente».

Come ne è uscita?

«È stato un processo lungo, ho dovuto lavorare molto su me stessa. A un certo punto ho capito che volevo anche una vita famigliare, volevo dei figli e anche per quello mi sono allontanata dalla scene per un periodo. Ho rinunciato a tante cose, tra cui i primi posti in classifica».

fonte CORRIERE