Il film
I primi di agosto del 1973 segnarono un momento cruciale nell’immaginario collettivo cinematografico. George Lucas (con Francis Ford Coppola alla produzione) usciva nelle sale americane con il suo secondo film da regista. Nacque un vero e proprio sottogenere, quello del film “giovanile/nostalgico”. Nacque American Graffiti, che nel giro di pochi mesi entrò nell’Olimpo dei grandi classici, con successo di critica, pubblico, cinque nomination agli Oscar e un Golden Globe.
La trama
L’ultima sera dell’estate del 1962 gli amici Steve Bolander (Ron Howard), Curt Henderson (Richard Dreyfuss), Laurie Henderson (Cindy Williams), Terry “Il rospo” Fields (Charles Martin Smith) e John Milner (Paul Le Mat) si incontrano al Burger City per trascorrere l’ultima giornata di libertà. Mentre Curt confessa a Steve di aver intenzione di prendere un anno sabbatico e Steve promette la sua preziosa Chevrolet Imapala a Terry, Laurie è preoccupata per la sua storia d’amore con Steve, che vorrebbe affrontare il college da uomo libero. Il gruppo si separa e Curt, salito sulla macchina di Laurie e Steve, rimane folgorato da una bellissima donna che, sfrecciando con la sua vettura nella direzione opposta, gli sorride e gli sussurra ‘Ti amo’. John, in cerca di una compagnia femminile, fa la conoscenza di Carol (Mackenzie Phillips) ma si rende conto della giovanissima età della ragazza e vuole liberarsi della sua compagnia. Mentre John ha uno spiacevole incontro con la polizia stradale e studia un piano per riportare Carol a casa, Curt cerca di rintracciare ossessivamente la misteriosa donna ma viene coinvolto nelle scorribande di una gang di teppisti locali…
Gli anni ’50
Tutto il filone nostalgico anni 50/60 che noi adoriamo, che parte dalla sitcom Happy Days fino al famoso musical Grease con John Travolta, parte da qui.
Segnaliamo che un anno dopo aver interpretato il ruolo di Steve in “American Graffiti”, Ron Howard conquistò la fama mondiale grazie al personaggio di Richie Cunningham in “Happy Days”. Eppure, anche se i due personaggi sono molto simili, non c’è nessun collegamento tra le due opere.
Con questi tre prodotti nominati (ma soprattutto American Graffiti) si ha un rigurgito della bellezza degli anni 50 americani, sull’onda del fantomatico sogno americano e della American Way of Life, riproposta poi per tutti gli anni 80.
Il capolavoro di George Lucas ha lasciato il marchio anche nella titolazione di alcune opere “american” che hanno influenzato la storia del cinema più recente. C’è l’american dal sapore agrodolce di American Beauty e quello che suona come un pugno di American Gangster. E ancora, l’infantile e ormonale American Pie o il perverso American Horror Story. Poi il letale American Psycho e il politico American History X fino all’American Gigolo con Richard Gere.
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