Ci avviciniamo ai 30esimo anniversario della morte di Massimo Troisi (4 giugno del 1994) e a ricordarlo in una lunga intervista rilasciata a Oggi c’è Anna Pavignano, storica compagna di Troisi e sceneggiatrice dei suoi film. I due si conobbero alla fine degli anni 70, quando lei faceva la comparsa a Torino.
I due erano molto discreti e in pubblico facevano attenzione a non mostrarsi vicini: “Non ci piaceva che gli altri sapessero di noi”. Erano una “coppia aperta, alla moda”e non hanno mai pensato al matrimonio: “Non era nelle sue corde e, all’epoca, neppure nelle mie. Ci amavamo in modalità ideologica. La verità è che abbiamo peccato di arroganza. Ci ritenevamo superiori ai sentimenti ‘borghesi’, alle convenzioni familiari. Massimo mi raccontava le sue scappatelle e io ero perfino contenta. Mi illudevo di controllare la gelosia. Se guardo il passato, non provo nostalgia; però ho un grosso rimpianto: non siamo stati capaci di costruire un rapporto istituzionale e di sopportarne il fardello”.
La sceneggiatrice venne a conoscenza della morte dell’attore mentre si trovava a una festa di compleanno di un amico di suo figlio. “Mi raggiunse mio marito. Mi prese da parte e me lo disse con tutta la delicatezza necessaria… Ci precipitammo all’Infernetto. E lo vidi per l’ultima volta. Morto. Avrei dovuto salutarlo alla festa per la conclusione del Postino. Ebbi un impegno improvviso, diedi forfait. E lo chiamai, per scusarmi. ‘Che problema, c’è? Ci vediamo al ritorno da Londra’, rispose con la consueta bonarietà”.
“Il dolore più grande è stato congedarmi al telefono, come se stesse andando a togliersi l’appendicite. Come ho potuto essere così stupida? Come ho potuto? Massimo mi manca. Siamo immersi in un’epoca tetra e turbolenta. Abbiamo rubato il futuro ai giovani. Lui avrebbe saputo indicarci una strada alternativa. Una via d’uscita. Con intransigente ironia.
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