In questa era di remake, reboot, sequel, prequel e spin off, anche il cult di Ridley Scott è stato preso di mira. Stiamo parlando di Blade Runner, noir fantascientifico del 1982. Film che rivoluzionò il modo di vedere il futuro, uno di quei film che spinse l’evoluzione della tecnologia in una determinata direzione. Quando il cinema e il progresso si uniscono.
È in sala il seguito, Blade Runner 2049. Lasciamoci alle spalle la domanda “ma serviva?” ed andiamo oltre. In questo film, non più diretto da Scott (che ne fa da produttore) ma da Denis Villeneuve, troviamo Ryan Gosling come attore protagonista. La storia, a differenza del primo, è molto articolata e in alcuni passaggi neanche spiegata con troppa chiarezza, infatti è meglio non distrarsi nel corso di queste due ore e quaranta.Partiamo subito dal lato tecnico, che risalta già dalle prime immagini, dove scenografia e fotografia parlano la stessa lingua: quella del regista. Villeneuve parte dalla visione di Scott e ci aggiunge più di trent’anni di cinematografia che li separano nel tempo, e personalità. Esce così un prodotto coerente col precedente ma che non ne fa il verso. Saremo investiti da campi medi simili a dei disegni splenditamente colorati e da notevoli trovate registiche, condite con una cura del suono e della colonna sonora (non memorabile ma più che efficace) che obbligano a vedere il film in una sala attrezzata come si deve. Ryan Gosling, oltre alla magnifica presenza scenica, straconvince nella sua non esagerazione quando non serve, rimanendo coerente col personaggio da interpretare. Jared Leto invece fa il compitino, con un personaggio piazzato bene ma scritto con poca originalità. Harrison Ford invece riesce perfettamente a funzionare anche se le scene a lui dedicate non sono molte; poco importa quando si riesce a (ri)entrare in un ruolo con facilità.
Il film si prende i suoi tempi per narrare, fermandosi spesso su delle inquadrature, su dei dettagli: il ritmo potrebbe spiazzare lo spettatore, ormai abituato a stare fuori dalla sala in meno di due ore, ma tra i punti di forza di Blade Runner 2049 c’è proprio questo delicato calarsi nella vita di K (Gosling), che aiuterà ad entrare completamente nell’atmosfera, profilo vincente del primo capitolo. Il film vince su due aspetti: la memorabilità di molte sequenze che resteranno a lungo nella mente di chi le vede, e (come dicevo prima) la lenta analisi di K. Troppe volte negli ultimi tempi abbiamo amato un film, una storia, ma a farne da protagonisti erano dei personaggi poco approfonditi.
Era molto difficile fare un degno seguito di Blade Runner: la porcata con sparatorie sotto la pioggia era dietro l’angolo, ma grazie all’amore di Villeneuve verso il primo capitolo, ci ritroviamo con un ottimo film che può accostarsi tranquillamente al suo predecessore. Non è perfetto, poteva durare un quarto d’ora in meno e alcuni passaggi sono difficili da seguire se non addirittura forzati, ma ringraziando il cielo non si vive di bianco e nero. Blade Runner 2049 è un ottimo film, poetico, che sollecita cuore, testa e occhi.
Ribadisco: forse lo vedrete una o al massimo due volte in vita vostra, perciò sceglietevi un Cinema con la C maiuscola.
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