Clarissa Burt si è raccontata in una nuova intervista al Corriere nella quale ha ripercorso il suoi amori con Francesco Nuti e Massimo Troisi

«Francesco Nuti lo conobbi a Roma, a una cena di amici, con Christian De Sica che suonava il piano. Mi riaccompagnò a casa. Siamo stati insieme un anno e quattro mesi. Un gran lavoratore, un animo profondo.Ogni due settimane mi portava a Prato da sua madre che stava sempre in cucina e parlava calabrese stretto, non capivo una parola».

Muti la fece debuttare al cinema nel 1988 con Caruso Pascoski (di padre polacco)ma quando il film uscì si erano già lasciati. «Ci eravamo lasciati ad agosto. Decisione mia. A dicembre Francesco non mi invitò alla proiezione. Non l’aveva presa bene. Ma tra noi si era rotto qualcosa. Andai al cinema Barberini e comprai il posto a sedere. Non l’ho più visto né sentito, mi hanno telefonato quando è morto. Mi dispiace tanto per quello che gli è successo».

Poi Massimo Troisi. «Lo avevo incontrato sempre a una cena. Da poco era finita con Francesco. Vivevo in un residence. Chiacchierando con lui mi lamentai che faceva un freddo tremendo. In una stanza c’era un camino. Gli chiesi: “Dove posso trovare qualcosa per accendere il fuoco?”. Due giorni dopo mi arrivò un camion carico di ciocchi di legna con un biglietto: “Così starai al caldo”».

Cosa le piaceva di lui?
«La dolcezza. Non alzava mai la voce, tranquillo, mi dava grande sicurezza».

In una celebre intervista, Baudo gli chiese (con gaffe involontaria): “Massimo, tu piaci alle donne, come te lo spieghi?”

«Beh, mica era brutto. E il suo modo di fare lo rendeva ancora più affascinante».

Imparò il napoletano.
«Per forza. Massimo me lo insegnò con le canzoni, tipo Malafemmena.

Due tipi casalinghi.
«La sera guardavamo la tv. Io cucinavo torte, gli piaceva quella al cioccolato».

Voleva sposarla.
«Me lo chiese la sera di Natale del 1990. Proprio quel giorno era morto mio nonno. Volevo partire, ma non c’erano voli. Andai in Vaticano a pregare per lui davanti al presepe. Quando siamo tornati a casa, sotto l’albero c’era una scatolina blu con l’anello».

E lei?
«Gli ho detto di no».

Perché?
«Non me la sono sentita. Venivamo da un periodo difficile. Qualche mese prima avevo scoperto quello che non avrei mai voluto scoprire»

Un tradimento.
«Sì. L’ho saputo dai rotocalchi. In mia assenza si era visto con un’altra, c’erano le fotografie. Ci rimasi malissimo, mi spezzò il cuore. Pensai: “Per lui evidentemente non sono abbastanza”».

Massimo confessò?
«Negò: “Tu sì pazz”. Tipico. Quando un uomo ti risponde così vuole dire che l’hai beccato. In seguito ho saputo che quella non era stata l’unica scappatella».

E lei che fece?
«Me ne andai di casa. Poi sono tornata e ci abbiamo riprovato, ma la fiducia in lui non c’era più. Per questo non ho voluto sposarlo».

L’anello glielo ha ridato?
«Mi ha chiesto di tenerlo “come pegno d’amore”. Era un solitario molto bello, ce l’ho ancora. Comunque è stata una grande storia d’amore, gli ho voluto bene lo stesso. Una volta Enzo Decaro raccontò: “L’unica donna che Massimo ha amato davvero è stata Clarissa Burt”. Mi ha fatto tanto piacere».

Si è mai pentita di quel no?
«Mai. Mi dicevano: “Dai Clarissa, chiudi un occhio”. Ma avrei dovuto chiudere anche le orecchie, la bocca, il cuore”. Non a caso ho scritto un libro sull’autostima».