Presentato al Torino Film Festival, arriva dal 6 dicembre sul grande schermo la storia di Sidonie-Gabrielle Colette, l’autrice più innovativa e spregiudicata della Belle Époque parigina.
Nata e cresciuta in un piccolo centro della campagna francese, Colette (Keira Knightley) arriva nella Parigi di fine Ottocento dopo aver sposato Willy (Dominic West), un ambizioso impresario letterario. Affascinata dalla vivacità intellettuale dei salotti della capitale e spinta a scrivere dal marito, Colette riprende i suoi scritti di scuola e dà alla luce una serie di libri pubblicati con il nome di Willy. I romanzi diventano ben presto un fenomeno letterario e la loro protagonista – Claudine – un’icona della cultura pop parigina, oltre che un simbolo di libertà femminile. Mentre cresce insieme alla sua Claudine, diventando sempre più consapevole di se stessa, Colette decide di porre fine al suo matrimonio e inizia una battaglia per rivendicare la proprietà delle sue opere e guadagnare la sospirata emancipazione sociale.
Diretto da Wash Westmoreland, regista del premiato Still Alice con Julianne Moore, il film ha avuto una lunga gestazione in fase di sceneggiatura; ci sono voluti quasi 16 anni a Westmoreland e al suo partner Richard Glatzer per portare a compimento il copione.
Keira Knightley ritorna a vestire i panni della campagnola ottocentesca in cerca di emancipazione, come oramai ci ha abituati da anni, e la sua dimestichezza nel comprendere e interpretare personaggi d’epoca emerge anche stavolta. Grazie alla combinazione di intelligenza e arguzia, e, perché no, anche di accennati tratti mascolini della Knightley, la sua Colette è molto credibile e portata avanti con la giusta determinazione, per incarnare lo spirito libertino e intraprendente della famosa icona nazionale francese.
La pellicola risulta un film sulla rivincita di un nuovo mondo femminile contro un universo maschile cialtrone e predatorio, incarnato dal personaggio di Willy, marito di Colette. Il rapporto tra i due, però, è altisonante e quello che dovrebbe essere il cattivo di turno, ovvero il marito, alla fine tanto malvagio non è, anzi, risulta quasi simpatico e bonario. Afferma il regista: “In quell’unione c’era tutto: amore, odio, tenerezza, perversione, il rapporto con un mentore che era anche un avido sfruttatore. E, non ultimo, il carattere pubblico della relazione stessa, che per molti versi si sviluppava sotto gli occhi di tutti. Colette e Willy erano di fatto ciò che oggi definiremmo una celebrity couple.”
Come spesso accade per i film che presentano un personaggio storico, Colette è riadattato al presente e mirato a conquistare e soddisfare un pubblico fidelizzato a colpo sicuro, in un terreno fertile per storie di emancipazione come quello attuale, dove, in ogni caso, una pellicola del genere rientra comunque bene.
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