Il 10 giugno approda su Netflix “Curon”, la nuova serie tutta italiana prodotta da Indiana, scritta da Ezio Abbate insieme a Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano e diretta da Fabio Mollo e Lyda Patitucci.
L’Italia che punta a nuovi generi
Il progetto si presenta fin da subito molto interessante, a partire dal genere di appartenenza, il thriller/mistery sovrannaturale, una tipologia di prodotto che nel nostro paese non vanta sicuramente di grande fama. Ora più che mai, in un’era in cui le serie tv stanno spopolando sempre di più grazie alle piattaforme digitali, il panorama seriale italiano ha bisogno di allargare notevolmente i propri orizzonti e tali sperimentazioni trovano terreno fertile con un colosso di serie tv come Netflix. Dati alla mano, le più recenti produzioni italiane volte all’internazionale si sono focalizzate parecchio – e anche fin troppo – sul teen drama adolescenziale (vedi l’expolit con i vari Baby, Summertime, Skam, e Sotto il cielo di Riccione) mentre ormai consolidato da anni a livello tematico è l’ambito della criminalità (Gomorra, Suburra, Zero Zero Zero e tante altre). Con Luna Nera, la prima serie fantasy italiana di Netflix uscita quest’inverno, si erano mossi i primi passi verso un cambiamento di stile, ma il prodotto non era risultato abbastanza sufficiente, mostrando più difetti che pregi. Riuscirà Curon a rimescolare le carte in tavola? Per quello che abbiamo potuto vedere, le premesse sono buone.
Trama
La storia è ambientata a Curon, reale paese dell’Alto Adige situato al confine con l’Austria, la cui attrazione principale è un campanile sommerso per metà in un lago (il lago artificiale di Resia). Tale campanile è l’unica parte rimasta visibile della relativa chiesa dopo un’inondazione avvenuta negli anni Quaranta e la leggenda vuole che in alcune notti si sentano ancora risuonare le sue campane… anche se non ci sono.
Sullo sfondo di questo inquietante luogo situato tra le montagne e la natura incontaminata facciamo subito la conoscenza di Anna (Valeria Bilello), giovane madre che decide di tornare dopo 17 anni nel suo paese natale insieme ai figli gemelli Daria (Margherita Morchio) e Mauro (Federico Russo). I tre vengono ospitati (malvolentieri) dal padre di Anna (Luca Lionello) nel suo grande albergo, dove lei stessa era cresciuta. In seguito al loro arrivo, la maledizione di Curon sembra essersi improvvisamente riaccesa e strani e misteriosi eventi cominciano ad accadere.
Come si può capire dalla trama, tra le fonti d’ispirazione di Curon figurano due grandi ‘sorelle netflixiane’, Dark e Stranger Things (più la prima, se consideriamo anche una fotografia molto simile dai toni freddi) mentre se ci vogliamo sbilanciare ancora di più e andare indietro col tempo, si possono trovare dei richiami anche alla serie numero 1 del sovrannaturale, Twin Peaks.
Appurata l’ottima fattura delle fonti d’ispirazione di Curon, viene naturale fare dei paragoni con quest’ultime e, senza troppe sorprese, ne usciamo (inteso come noi italiani) ancora una volta nettamente sconfitti. Ciò non vuol dire, tuttavia, che il giudizio complessivo sia da buttare. No, perché di cose buone Curon ne ha da offrire, a partire dal territorio e il luogo d’ambientazione che risulta molto interessante e alcune – non tutte – interpretazioni più che positive da parte dei giovani attori. I primi episodi partono bene, lanciando la giusta dose di mistero e curiosità che ti spingono a voler continuare la storia, nonostante un’iniziale fatica a mandar giù qualche scelta stilistica e di registro (tipo il linguaggio dei ragazzi o l’alternanza fatta molto a caso tra lingua tedesca e lingua italiana). Purtroppo verso la fine dei 7 episodi, a cui comunque ci si arriva in scioltezza senza fatica, subentrano dei buchi palesi di cose spiegate male e scene girate con noncuranza. Un calo che lascia dell’amaro in bocca, perché sarebbe bastata maggiore attenzione e astuzia per spingere la storia verso il climax che meritava.
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