Davide Mengacci è stato uno dei conduttori più rappresentativi della televisione italiana grazie a programmi come Candid Camera Show, Perdonami (da cui è stato tratto poi C’è posta per te), Scene da un matrimonio, La domenica del villaggio e Ricette all’Italiana. Oggi ha 76 anni, è lontano dalle scene da diverso tempo e si è raccontato in una lunga intervista rilasciata a Fanpage.it. Ve ne portiamo qualche estratto:

 

Qual è stato il momento in cui si è sentito più appagato?

Dagli anni ’90 al 2005. Ero molto soddisfatto sia dal punto di vista privato che professionale. Conducevo La domenica del villaggio, che ha costituito il punto più alto delle mie ambizioni televisive. Ho realizzato il sogno di fare cultura popolare in tv, mostrando tutte le sfaccettature della provincia italiana: storiche, monumentali, gastronomiche, ma anche la piccola industria locale, l’artigianato, gli artisti locali, attivissimi è prolifici. Il momento più buio per me è stato quando, dopo undici anni, il programma è stato chiuso.

Come mai fu chiuso?

Perché nel 2005 sono cominciate le prime avvisaglie delle difficoltà economiche che poi avrebbero portato a quella televisione povera a cui assistiamo oggi. Ne ho sofferto perché, dopo il successo e le soddisfazioni che mi avevano dato sia La domenica del villaggio che i programmi precedenti, sembrava fosse tutto finito.

In realtà, poi, è riuscito a ripartire.

Con la gastronomia in televisione. Fino a quel momento era stata relegata principalmente alle reti locali. Sono stato il primo, con Fornelli d’Italia, a portare la cucina praticata, non solo assaggiata, sulla tv nazionale. Ho avviato questo filone che ho continuato a praticare attraverso diversi programmi.

Nel 2021, con il programma “Ricette all’italiana”, si è interrotta la sua carriera televisiva a Mediaset.

Il programma andava avanti da dieci anni, sei giorni alla settimana, tutto l’anno. Era inevitabile. Devo essere sincero, me l’aspettavo perché gli ascolti si erano impoveriti a un punto tale da rendere quasi necessaria una decisione drastica. Fu il direttore di rete a comunicarmi la chiusura del programma. Ho sofferto di più quando è stata chiusa La domenica del villaggio, perché quella era una emanazione di me stesso. I programmi di cucina li ho fatti cavalcando un’onda. Un’onda che ho sollevato io e poi è venuto fuori tutto quello che abbiamo visto dopo. Ormai in televisione c’è quasi solo cucina. Ho inventato programmi che poi sono stati copiati, personalizzati, cannibalizzati e a volte anche fatti meglio (ride, ndr).

Uno dei suoi programmi di maggiore successo è stato Perdonami, a cui la gente comune si rivolgeva per chiedere scusa.

Perdonami è stato di fatto il papà di C’è posta per te. L’essenza è quella.

È vero che un malavitoso si servì del suo programma per mandare un messaggio a un carcerato?

Questo è stato il sospetto. Ricordo che i produttori e gli autori furono chiamati dal questore perché sembrava che una persona si fosse servita del programma per mandare un messaggio a qualcuno che, in carcere, lo avrebbe ascoltato. Questo è tutto quello che so di quella vicenda.

Ci sono stati in questi anni delle notizie che ha letto sul suo conto che le hanno dato fastidio?

Ricordo un vaghissimo attrito con Alberto Castagna per Stranamore, che era nato da una costola di Perdonami. Mi sembra che io mi fossi risentito perché, a un certo punto, l’azienda mi chiese di passare a Stranamore tutti i casi sentimentali di Perdonami. Avevano visto che funzionavano.

Quindi una piccola lite l’ha avuta anche lei?

Piccolina, ma non pubblicamente. È una cosa che però è finita sui giornali.

Oggi si può definire in pensione?

Teoricamente sono in pensione, ma in realtà continuo a lavorare sul fronte delle telepromozioni. Più che definirmi in pensione direi che ho rallentato notevolmente i miei impegni lavorativi.

Anche lei, come alcuni suoi colleghi, ha riscontrato una pensione troppo bassa rispetto al lavoro fatto?

Non direi. Non ho una pensione così bassa da mettermi in difficoltà e poi, nel corso degli anni, ho risparmiato, ho comprato degli immobili. Oggettivamente non posso lamentarmi della mia condizione attuale.