In questi giorni è uscita l’autobiografia di Demi Moore intitolata Inside out dove ripercorre tutta la sua carriera e vita privata. Una storia movimentata come l’ha definita lei.





“Lo so, sembra una vita perfetta. Ma, come avrei scoperto ben presto, se ti porti dentro una voragine di vergogna e traumi, non c’è denaro, successo o celebrità che possano riempirla”.

In mezzo ai capitoli dedicati alla sua idea di suicidio, al fallimento della storia d’amore con Ashton Kutcher c’è una parte molto interessante sul suo primo incontro con il suo primo marito e ora amico Bruce Willis. Il loro legame ora è ancora importante al punto di passare la quarantena insieme con i figli.

Direttamente da Repubblica.it un estratto del passo che avviene quando lei è fidanzata con Emilio Estevez, attore molto popolare e figlio di Martin Sheen. “Nessuno mi aveva mai trattata in quel modo”, scrive l’attrice

“Ti sta appiccicato come la tua ombra” disse Emilio di quello sconosciuto bello, moro e sicuro di sé. In realtà, all’inizio Bruce mi era sembrato arrogante. Eravamo arrivati alla prima nello stesso momento, e lui era con un mio amico, il comico Rick Ducommun: fu lui a presentarci. A quel punto Bruce aveva già ricevuto due nomination agli Emmy per Moonlighting (e ne avrebbe vinto uno il mese seguente), ma io non guardavo molta televisione e non avevo mai visto la serie; mi ricordavo di lui solo per le pubblicità degli aperitivi Seagram (ve le ricordate? Suonava qualche accordo all’armonica e poi cantava lo slogan come fosse un blues). Eravamo entrambi sotto contratto con la TriStar Pictures, così gli dissi: “Ho sentito dire che hai l’ufficio migliore alla TriStar”. Lui mi rispose, in modo stringato, qualcosa tipo: “Non ci vado mai”. Pensai che fosse un po’ stronzo.




Ma quando lo rividi all’after party al ristorante El Coyote, si dimostrò molto più gentile. “Posso offrirti da bere?” mi chiese, appena mi vide arrivare. Gli dissi che non bevevo. “Allora ti offro una Perrier” ribatté lui. Bruce aveva lavorato come barista a New York prima di sfondare in tv e quella sera dava spettacolo dietro il bancone, lanciando in aria lo shaker e facendo quelle acrobazie che oggi ci sembrano imbarazzanti, ma che nel 1987 erano molto cool. Emilio aveva ragione: mentre sfoderava il suo repertorio da barman, Bruce non mi staccava gli occhi di dosso. Nel corso della serata fu così galante che, in seguito, mi stupì molto sapere che era arrivato con un’altra donna!


Si fece tardi, e qualcuno voleva proseguire la serata all’Improv, dove Rick aveva uno spettacolo di stand-up. “Vieni anche tu! Vieni anche tu!” mi implorarono Bruce e Rick. Era chiaro che Emilio non era entusiasta di tutte quelle attenzioni; io stessa, ripensandoci, avrei voluto esserlo meno. Ma il club era sulla strada di casa, così decisi di fare un salto. Quando arrivai, vidi che tutti gli amici di Bruce erano seduti a un grande tavolo. Di fianco, Bruce si era fatto apparecchiare un tavolino per due, con una Perrier ad aspettarmi. Balzò in piedi e mi fece accomodare.




Nessuno mi aveva mai trattata in quel modo. Bruce era molto galante; un vero gentiluomo, in quella sua maniera turbolenta. Quando dissi che sarei tornata a casa, si offrì di accompagnarmi alla macchina. Era così impaziente, che sembrava un ragazzino preoccupato di mancare il carretto dei gelati. Mi chiese il numero di telefono e sentii le farfalle nello stomaco, come una ragazzina. “Hai una penna?”. Controllò nelle tasche: niente da fare. “Non andartene!” mi disse, e schizzò via a cercarne una. Poi se lo appuntò sul braccio: un’immagine che avrei visto un milione di volte negli anni seguenti; Bruce si scriveva sempre le cose sul braccio. Ma quella volta gli tremavano le mani. Si era completamente esposto, della sua spavalderia non c’era più alcuna traccia.

FONTE D.REPUBBLICA


Quando i nostri sguardi si incrociarono, Bruce mi salutò togliendosi il cappellino da baseball. Doveva essersi dimenticato delle canne che si era calcato dietro le orecchie, perché volarono via nella notte.
Mi chiamò il mattino seguente. Mi chiese che programmi avevo per la giornata e io gli dissi che sarei andata nella contea di Orange a trovare George e DeAnna. “Vengo con te” mi disse, a sorpresa. Non ero sicura che fosse una grande idea. Ci sarebbe stata anche la sorella di mio padre, Mary, che era davvero un personaggio particolare. “Ci sarà anche una mia zia, che è una un po’ fuori, e la casa è molto piccola” dissi. “Sei proprio sicuro?”. Era proprio sicuro.
Ero molto colpita. Questo tizio era pronto a passare due ore chiuso dentro un’auto per la dubbia soddisfazione di conoscere i miei bizzarri parenti. Era disposto a mettersi in gioco e lo faceva solo per me. A essere sincera, fu quasi uno choc.