Il film
Un Cult di Abatantuono e dei suoi personaggi che ha fatto la storia del cinema comico milanese anni 80. Stiamo parlando di “Attila Flagello di Dio“. Appartenente al cosiddetto filone trash del cinema degli anni 1980, il film fu stroncato dalla critica ma negli anni successivi si sarebbe rivelato molto amato dal pubblico, al punto da diventare oggetto di interesse da parte di collezionisti e appassionati del genere e di essere poi commercializzato anche nel mercato home video in formato DVD e Blu-Ray.
La trama
A Segrate, nel milanese, al tempo dei Romani si sono insediati dei barbari che vivono di caccia, mentre le loro donne coltivano riso. Sopraggiungo i Romani, rubano il bestiame e le donne. Da qui la decisione degli uomini di partire per Roma e saccheggiarla. Il loro capo è Ardarico, che ascoltando da una maga la predizione della venuta di un grande invasore barbaro di nome Attila, il quale avrebbe lasciato dietro di sé il deserto, decide di cambiare il suo nome in quello di Attila. Frattanto Urilia, diventata schiava di Fusco, il capo romano riesce a fuggire e a ricongiungersi ai barbari di Attila. Questi hanno deciso di seguire la via del mare, per maggior sicurezza, ma naufragano e sono salvati da un Ligure che esige come compenso la cessione di Urilia. Attila acconsente. Quindi assedia Saturnia e, con uno stratagemma, riesce a conquistarla. I barbari si abbandonano alle orge. Urilia riesce di nuovo a fuggire, raggiunge Saturnia e sprona i barbari a marciare su Roma. Qui si scontrano con l’esercito romano e sono sconfitti. Si salvano solo Attila e Urilia che hanno scoperto di amarsi.
Il ricordo di Abatantuono
Intervenuto ai microfoni di Radio 2 qualche anno fa, Diego Abatantuono ha parlato della sua carriera descrivendo come sia più difficile fare l’attore comico che quello drammatico. In particolare si è soffermato sulla sua rinascita dopo Regalo di Natale, grande film sul poker di Pupi Avati:
“Ho iniziato a fare il cabaret al Derby di Milano dove lo spettacolo iniziava alle 22 e finiva alle 3 del mattino. Facevo il tecnico, il direttore di scena, l’adolescenza l’ho passata lavorando di notte nei locali. Avevo 15 anni quando alternavo la scuola al lavoro di notte facendo il direttore di scena. Il mio impegno scolastico era relativo, ma per fortuna al Derby di Milano passavo ogni sera con Cochi e Renato, Jannacci, Gaber, Dario Fo, grandi pittori, grandi architetti, grandi politici.Lì entravano tutti, entrava Boldi e sparava una cavolata, entrava Teo Teocoli e sparava una cavolata, c’era un via vai fatto di grande confidenza, con gente che poteva sparare ogni tipo di cavolata in qualunque momento.Poi ho iniziato a fare il tecnico del suono con i Gatti di Vicolo Miracoli, che erano miei grandi amici e lo sono ancora oggi.
Poi sulla sua carriera cinematografica ha aggiunto che:
Ero un tecnico anomalo, non guidavo, non avevo preso la patente di proposito, altrimenti avrei dovuto guidare sempre io. Smaila guidava perchè era il più grosso, io sedevo davanti, perché ero il più alto, dietro c’erano Oppini, Jerry Calà e Nini Salerno. Il personaggio del terruncello funzionava molto. Iniziarono a propormi i primi film, ho iniziato a fare il Cinema, fino a quando Monica Vitti mi propose di fare il Tango della Gelosia come coprotagonista. E’ stato un periodo in cui il mio personaggio è stato spremuto. Sono stato ingenuo e gestito male da chi faceva il mio agente. Ci fu anche un problema di tasse non pagate, lì ho avuto un momento difficile. Avevo fatto 12 o 13 film in 3 anni, il personaggio era esaurito. Poi mi telefonò Pupi Avati per propormi ‘Regalo di Natale’ e fu una rinascita. Fare l’attore comico è molto più difficile che cimentarsi in ruoli drammatici. Fare Attila è molto più difficile che fare Regalo di Natale. Pupi Avati è uno che scrive la storia, è tutto molto preciso, tu devi solo interpretare. Il protagonista del film comico, invece, soprattutto di quel genere, è veramente difficile da fare”.
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