Quentin Tarantino, narratore d’eccezione, racconta perché Sergio Corbucci è «il secondo miglior regista di western italiani». Succede in Django & Django, il documentario di Luca Rea, dedicato al maestro dello spaghetti western, presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Recensione
Materiali d’epoca inediti, testimonianze e ricostruzioni, quelli di Django & Django, per raccontare un cinema e un’epoca indimenticabile in cui raccontare l’Italia degli anni Sessanta attraverso una lente diversa. Una chicca che gli amanti del western italiano non possono davvero perdersi: incentrato su una stagione irripetibile del nostro cinema, vede Tarantino come narratore, che su Corbucci avrebbe voluto scrivere addirittura un libro e che ha regalato agli autori una lunga intervista-confessione di 2 ore e 45 minuti da cui sono stati estratti innumerevoli ricordi, aneddoti, emozioni.
Si parla di «Django», «Il grande silenzio», «Gli specialisti», «Il mercenario», «Vamos a matar compañeros», «Cosa c’entriamo noi con la rivoluzione», Con le testimonianze di Franco Nero (l’attore preferito di Corbucci) e Ruggero Deodato (l’aiuto regista di «Django»), con i Super8 inediti realizzati sui set dei film del regista romano, con le immagini degli anni in cui il cinema italiano sapeva parlare a tutto il mondo. E attraverso i loro racconti emergono tratti caratteriali di Corbucci (“oltre a essere divertente era anche crudele, aveva un tratto sanguinario che faceva emergere nei film”) e il suo pensiero politico “molte sue opere sono politiche, anche e soprattutto i western”.
Insomma, per gli appassionati di cinema, di western, di storie e produzioni, questo documentario è stato una sorpresa anche se abbiamo sbagliato noi a sorprenderci: Tarantino che parla di Corbucci non poteva che essere un prodotto più che riuscito. E che bellezza il finale, dove Tarantino da la sua chiave di lettura di un passaggio mai spiegato di “Django”. Un film che poteva durare ancora di più senza annoiare mai.
Commenti recenti