Il 26 settembre 1986 usciva in edicola il primo numero di Dylan Dog, edito da Bonelli, il papà di Tex. Diversamente dal ranger senza macchia a senza paura, Dylan Dog era stato concepito in uno scenario da horror, alle prese con zombi e vampiri ma soprattutto con nevrosi e umanissime paure che nel 1986 nessuno si sarebbe sognato di introdurre nell’identikit di un supereroe. Una rivoluzione.
E invece fu proprio questo il tocco di genio dello scrittore Tiziano Sclavi: collocare l’investigatore dell’incubo un gradino sotto il superumano, lo aiutò a stabilire nel tempo un filo di immedesimazione con i lettori assai robusto. Col risultato che nel giro di pochi anni l’antieroe Dylan Dog sarebbe diventato un’icona pop della cultura italiana, scalzando parecchi fumetti dalle edicole e ispirando molto horror a venire ancora oggi.
Successo ritardato
Strano, ma vero, appena uscito Dylan Dog vendeva poco. Il primo numero si attestò sulle 30/40 mila copie (contro le 200 mila di Zagor). Niente boom insomma, ma un successo costruito storia dopo storia fino a raggiungere la tiratura mostre di un milione di copie negli anni 90.
Citazioni
È ricco di citazioni letterarie e cinematografiche. Cosa assai rara per un fumetto (ai tempi). Il nome Dylan gli viene dal poeta Dylan Thomas, Groucho il suo assistente è una copia spiccicata del comico Groucho Marx. E seguendo questa linea, il paterno ispettore Bloch non può che essere un omaggio a Robert Bloch, autore di libri horror, fantasy e gialli.
Nome e carattere
La genesi del nome ha una storia che merita di essere raccontata: Dylan Dog, infatti, è il nome “provvisorio” che Sclavi dava ai personaggi creati, solo che in questo caso gli restò attaccato addosso come una seconda pelle. Per la cronaca: Dylan deriva da Dylan Thomas, poeta americano di inizio XX secolo, Dog deriva da titolo di un romanzo di Mickey Spillane (“Dog, figlio di”).
Prevedibile che Sclavi fosse un ammiratore di Edgar Allan Poe (che leggeva dall’età di 5 anni). Ma in Dylan Dog si trovano tracce anche di un altro mito dell’autore: Woody Allen. Horror e comicità sono infatti gli ingredienti principali del fumetto e (forse) il motivo del suo successo. In realtà – a detta degli amici – Dylan Dog era una proiezione dello stesso Sclavi, che oltre e vestire per un periodo come Dylan Dog, regalerà al personaggio anche le sue sue fobie, l’ipocondria e il terrore del volo.
Dylan Everett
Tutti sanno che il padre di Dylan è Tiziano Sclavi…o almeno, il suo padre “concettuale”, che ha curato il suo carattere e la sua psicologia. Quello che molti non sanno è che il padre grafico dell’Indagatore dell’Incubo è stato il disegnatore Claudio Villa (conosciuto sopratutto per essere stato il copertinista della testata principale dal numero 1 fino al 40, per poi essere sostituito da Angelo Stano). Dietro alla sua creazione grafica c’è una storiella divertente: Villa creò il personaggio senza sapere che la direzione Bonelli aveva deciso di farlo Inglese, così disegnò un Dylan con il nasone e le basette.
Ovviamente a nessuno piacque, così Sclavi disse: “Tagliamo la testa al toro e facciamolo somigliare a Rupert Everett“. Così, Villa si intrufolò in un cinema durante la proiezione di Another Country e cominciò a fare degli schizzi fino ad avere il volto che conosciamo tutti. Da li, tutti i disegnatori che si suggerirono, cercarono di tenere fede alla creazione di Villa. Tanti voi ricorderanno il film Dellamorte Dellamore, che in qualche modo ha a che vedere con Dylan Dog: ve ne parliamo meglio QUI.
Il segreto del successo
Intervistato da Antonio D’Orrico per il Corriere, sul segreto delle sue sceneggiature, Sclavi ha ammesso: «Ho una sola regola. Alla fine di ogni tavola ci deve essere un colpo di scena che costringe il lettore a girare la pagina». Avete in casa il numero 1 di Dylan Dog? Su eBay le quotazioni per un albo in buona stato di conservazione si aggirano attorno ai 250 euro (euro più, euro meno). Ma siete proprio sicuri di volerlo vendere?
L’assistente
Groucho, l’aiutante storico di Dylan, è ispirato alla figura unica di Groucho Marx. Ma forse non saprete che il primo “progetto” relativo alla spalla “comica” era più orientato sul modello Igor. Chi? Direte voi. Il solo e unico aiutante di Gene Wilder in “Frankestein Junior”. Magari Sclavi ci averebbe potuto regalare un “Capo, pensaci: castello ululì, lupo ululà”.
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