Intervistato da “Avvenire”, Elio, nome d’arte di Stefano Belisari, racconta di come, quando era studente al conservatorio, odiasse la musica lirica:
“Mi sono diplomato in flauto al Conservatorio di Milanonel 1980, ma avevo sempre odiato l’opera. Quando si è giovani si fanno un sacco di errori, il motivo era che nessuno me l’aveva spiegata come andrebbe fatto. Mi era stata presentata come una cosa noiosissima dove stare zitti e muti, mentre io da rockettaro volevo muovermi”.
Errore che secondo Elio continuano a commettere in molti. A tal proposito l’artista critica la deriva della nostra musica:
“Per chi vuole ascoltare qualcosa di bello, l’opera classica è un serbatoio inesauribile ma che non viene preso in considerazione. Se si guarda il Festival di Sanremoe si ascolta questo nuovo repertorio, la mia impressione è che dal punto di vista della qualità stiamo andando sempre più in basso. Tutto il movimento nato dopo il ‘68, ovvero il progressive, il rock, il beat, hanno generato una quantità di musica che era molto alta. Cosa che non si può dire di quello che sta arrivando adesso”.
Secondo il cantante non ci sono artisti oggi che possano rimanere impressi come accadeva anni fa con autori che ancora adesso ricordiamo:
“Una cosa che mi fa ridere è che la gente scopre che ha ascoltato una quantità di arie d’opera senza saperlo, guardando film o pubblicità. E poi mi piace raccontare sempre l’età dei protagonisti. Rossini ha scritto Il barbiere di Siviglia a 24 anni e quando lo dico si meravigliano. Lo si canta ancora dopo 200 anni, ora chiudete gli occhi e immaginate di essere qui fra 200 anni ad ascoltare la musica di Sfera Ebbasta. Il messaggio è che la qualità non è paragonabile”.
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