Ospite di “Fuori Corso”, il video-podcast auto prodotto, condotto da Matteo Di Palma con la presenza fissa del professor Giorgio Simonelli, Enrico Ruggeri ha spiegato come, secondo lui, il connubio tra musica e tv non sempre sia positivo:

“È un abbraccio mortale. Intendo tutte le volte che la musica è stata usata per costruire storie patetiche. Un po’ il meccanismo dei talent, per esempio, che ha portato poi delle persone meritatamente al successo, però l’orfano viene chiamato più volentieri di quello con i genitori, quello che ha avuto due o tre disgrazie è avvantaggiato nella selezione”.

Sempre sulla musica, quando gli viene chiesto cosa ne pensa dei casi di burnout che colpiscono i giovani musicisti, afferma:

“Intanto quelli che vanno in depressione sono quelli che stanno avendo una flessione.  Quelli che fanno i sold out non vanno mai in depressione. Questo è un mondo nel quale oggi sei famoso e tre giorni dopo sei già in seconda fascia. Per cui molti di questi ragazzi illusi da una vittoria in un talent, nel momento in cui si accorgono che non stanno più andando così bene, cosa normalissima in una carriera, ma alla quale non sono strutturati, vanno in depressione. È il mondo diverso. È chiaro che se tu passi da un talent al Forum di Assago senza tutte le parti intermedie, non sei strutturato per reggere quel tipo di pressione”.

ll discorso poi si sposta sul suo programma su Rai 2 “Gli occhi del musicista”:

“Faccio musica dal vivo portando in tv persone che non ci vanno mai. Perché oggi i cantanti in televisione sono quei 20, 25 tutti riconducibili a un’area di potere precisa. Si invitano tra di loro, fanno i feat tra di loro, tutto tra di loro. Io ho portato Finardi, Paolo Jannacci, Paolo Fresu, Cristiano De André, un sacco di giovani, ragazzi che fanno cose molto interessanti, a riprova del fatto che non sono il boomer rancoroso che ce l’ha con i giovani. Ritengo che ci siano giovani che fanno cose molto interessanti, ma che siano tagliati fuori dal mainstream”.