Ospite di Eleonora Daniele a “Storie Italiane”, Enrico Vanzina si è raccontato in una lunga intervista al regista, in cui sono mancati ricordi e momenti di commozione, soprattutto legati al fratello Carlo:
“Lui era un uomo molto equilibrato che conosceva le sue fragilità e i suoi difetti. Io sono arrivato alla conclusione che quello che ci rende infelici è non saper accettare i nostri limiti. E lui sapeva farlo, i suoi limiti si compensavano con la sua intelligenza che era quasi superiore. A lui ho legato un mondo di ricordi, mi piaceva rivedere quel mondo di bambini, è qualcosa di magico. Mi ricordo che eravamo felici. Mio fratello diceva una cosa molto bella, che preferiva il cinema alla vita, perché nel cinema esiste il lieto fine e nella vita quasi mai”.
Enrico Vanzina, poi, ripercorrendo una carrellata dei suoi film, ha parlato del suo lavoro:
“Non sono la persona giusta per giudicare quello che ho fatto. Sicuramente gli italiani li abbiamo ‘pedinati’, li abbiamo guardati con grande affetto, grande amore, abbiamo osservato le loro fragilità senza mai dare giudizi morali, perché la Gente è meravigliosa, nelle sue fragilità e nelle sue grandezze”.
Ancora un momento di commozione davanti alle immagini di un’intervista di papà Steno:
“Mi fa effetto. La voce di mio papà ce l’ho in testa, quando lo vedo mi commuovo e mi emoziono. E’ come se ci fosse un ristorante che si chiama ‘Steno, Carlo ed Enrico’. In questo ristorante non c’è più Steno, non c’è più Carlo, sono rimasto io. E mi tocca servire a tavola, cucinare, fare il conto però il menù è sempre lo stesso. Per cui mi commuove l’idea che lui mi abbia lasciato qualcosa che va al di là dell’affetto e del senso di paternità. Mi ha lasciato proprio una missione, e questo è molto bello”.
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