Gianfranco d’Angelo
Attore, comico, cabarettista, doppiatore, imitatore e cantante, era nato a Roma nel 1936. Dopo aver svolto diversi lavori, debutta in Rai all’inizio degli anni Settanta, dove è apparso in vari programmi a fianco dei personaggi di punta dell’epoca, da Raffaella Carrà a Sandra Milo. Ha fatto parte del gruppo del Bagaglino con Pippo Franco e ha recitato in molti film, a teatro e in televisione, dove ha partecipato a programmi quali Drive in e, più recentemente, Striscia la notizia. Nel 2019 era apparso nel film W gli sposi diretto da Valerio Zanoli.
Ezio Greggio
Tre giorni prima di morire, Gianfranco D’Angelo e Ezio Greggio si erano scritti, facendo un’ultima volta la gara che li ha uniti per 43 anni: «Ogni volta c’era una sorta di sfida a chi sparava la cavolata più grossa, per far ridere l’altro», spiega Greggio con la voce provata di chi non sente solo di aver perso un grande amico, ma «un pezzo di me. Ora restano i ricordi: continuano a riaffiorare, anche quelli che credevo di aver rimosso».
Sapeva che stava così male?
«Sì, la speranza restava ma da quando ho saputo che stava peggiorando non facevo che pensare a lui. Se ne è andato via proprio il giorno di Ferragosto: insieme ne abbiamo trascorsi una marea, lavorando o in vacanza».
Ricorda cosa ha pensato quando lo ha conosciuto?
«Ci siamo conosciuti nel 1978, per la trasmissione Rai La Sberla. Mi sembrava molto pacato, quasi sempre in procinto di addormentarsi, ma in un attimo si accendeva».
Cosa le piaceva di lui?
«Veniva dalla scuola delle commedie da battaglia ma pian piano ho scoperto in lui un monologhista formidabile, con tempi perfetti. Per me è stato un insegnante, anche se la nostra amicizia è nata subito e ci ha giovato: Antonio Ricci ci vide assieme e si convinse a prenderci al Drive In».
Come ricorda quegli anni?
«Come quelli di una grande simbiosi. Dopo gli spettacoli andavamo a cena assieme e per chi ci vedeva era come se lo spettacolo continuasse. Le gag si costruivano spontaneamente: ne ricordo una in cui lo andavo a piangere al cimitero, ma vedevo la fotografia sulla tomba sporca, così sputavo per pulirla, ma restava opaca… al terzo sputo la foto si animava e sputava lui a me, in un occhio. Funzionavamo bene: Antonio scriveva i pezzi e noi sbrodolavamo».
Ad esempio come?
«Non gli dicevo come lo avrei chiamato in scena, durante certe gag, per farlo ridere. Quando si nascondeva per non farsi vedere dalla telecamera, gli dicevo: “Ma dove va?”. Ricci lì ha trovato lo spunto per Paperissima. Era bello, c’era grande coesione».
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