Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 hanno spopolato tra radio e discoteche, diffondendo la musica elettronica con uno stile ‘spaziale’, fatto di look alieni, teste rasate, pelli e tute argentate e strumenti a dir poco particolari. Stiamo parlando dei Rockets, il gruppo musicale francese famosissimo in Italia grazie a brani come Future Woman, Space Rock, One More Mission, Electric Delight, On the Road Again ma soprattutto Galactica, vero e proprio tormentone che nel 2020 ha compiuto 40 anni. 

Il brano faceva parte del concept album Galaxy, nonché quarto album studio di Rockets: un lavoro molto ambizioso in cui il gruppo riversa tutte le energie e potenzialità. Il successo commerciale rimane elevatissimo grazie alla main track “Galactica” che imperversa in tutte le discoteche e veniva trasmessa quasi quotidianamente per radio.

Il successo dei Rockets nel nostro paese è dovuto in gran parte al produttore Maurizio Cannici, manager della storica etichetta italiana CGD-Messaggerie Musicali, che si “innamorò” di loro dopo aver assistito ad un’esibizione in una discoteca di Cannes. Cannini riuscì quasi a trapiantarli in Italia, con l’effetto che dall’estate 1978 in poi i Rockets saranno presenti in pianta stabile nel nostro paese molto più di quanto non lo siano nella stessa Francia o nel resto d’Europa. L’operazione commerciale di Cannici sortisce ottimi risultati: i Rockets in Italia arrivano subito in TV partecipando a trasmissioni quali Stryx Arrivano i mostri; le vendite dei dischi, le presenze ai concerti e sulle riviste sono pari a quelle dei più grandi calibri della musica internazionale. Nel 1980 si aggiudicano anche il Telegatto come miglior gruppo straniero in Italia. 

Quel periodo è il culmine dei loro concerti dal vivo; i Rockets “atterrano” ora sul palco con astronavi a forma di uovo in un tripudio di fumo, luci e laser sulle note di One More Mission.

I Rockets oggi

Nel corso degli anni la band si è frantumata, cambiando formazione tantissime volte, ma non riuscendo mai a rivivere il periodo d’oro di fine anni settanta-inizio ottanta. Attualmente il gruppo è ancora attivo, capitanato dal tastierista italo-francese Fabrice Quagliotti, unico superstite della formazione storica. Lo scorso anno è uscito un nuovo album, Wonderland, di cui Quagliotti è co-produttore, co-autore.

 

Vi lasciamo con un estratto di una sua recente intervista lasciata a Rockol che potete leggere per intero QUA.

Diventaste popolari in Italia nel 1978. Sembravate degli alieni, non sono in senso letterale. Avevate contatti con musicisti italiani?
Conoscevo benissimo i Pooh, ero amico di Red Canzian, venivano spesso ai nostri concerti per chiederci degli effetti speciali. “Ma questo come lo fate?”. Grazie a noi scoprirono il laser. “Dove l’avete preso?”.

I Pooh dai Rockets? Però è vero che anche loro puntavano sugli effetti speciali…
Sì, ma dopo di noi. In quell’epoca non c’era niente di spettacolare nel panorama musicale, a parte i Pink Floyd.

Investivate tanto negli spettacoli?
Una fortuna. Ricordo che nel 1980 comprammo il nostro laser: 100 milioni di lire.

Di tasca vostra?
Ovviamente [ride]. Li anticipò Salvadori, poi lo abbiamo giustamente ripagato. Quindi, sì, ci investivamo tanto. Sul fronte degli strumenti, cercavo di scoprire continuamente tastiere e sintetizzatori. Negli anni ’80 feci un periodo a Parigi in un negozio di strumenti, non ci lavoravo, però stavo tutto il giorno lì a scoprire tastiere e intanto davo dimostrazioni ai clienti che lo chiedevano. 

Altri artisti italiani?
Lanciammo Gianni Bella, che aprì un nostro concerto. E conobbi Lucio Dalla, stavamo in uno stesso albergo a Riccione. Spiace non avere approfondito i rapporti, mi saprebbe piaciuto fare qualcosa con lui, per me era il più grande degli artisti italiani. Un musicista e una testa.

C’erano contestazioni ai vostri concerti, giusto?
Hai voglia. Eravamo rasati e suonavamo chitarre a forma di croce solare. “Siete nazisti!”, ci gridavano. Si vede che la parola nazista è sempre andata di moda.