Ve la ricordate la hit “I Like Chopin“? Cantata da Gazebo, pseudonimo di Paul Mazzolini affermatosi negli anni ottanta nel filone musicale della Italo disco. La canzone ebbe molto successo raggiungendo ben presto la vetta di molte classifiche europee. La musica è stata scritta da Pierluigi Giombini, il testo da Gazebo. Fa parte dell’eponimo album Gazebo anch’esso pubblicato dalla Baby Records nel 1983.

Il cantante è stato intervistato da Rolling Stones.it dove ha raccontato il successo della canzone e anche i suoi progetti futuri: ecco un piccolo estratto: 

Ti sei sentito ingabbiato da questa hit?
Chiaramente è stata una trappola, per due anni ho girato le tv del mondo con questo pezzo. Tant’è vero che Telephone Mama, l’album che seguì Gazebo, dove c’erano Masterpiece e I Like Chopin, fu completamente diverso, per scelta. E fu un errore dal punto di vista commerciale, lo devo ammettere.

Come mai facesti quella scelta?
Con un successo così grande, lo step successivo sarebbe stato affidarsi a un produttore inglese o americano che avesse esperienza su come confezionare hit mondiali. Noi siamo partiti da Roma e ci siamo ritrovati a competere con grossissime produzioni planetarie. Questo significava affidarsi a persone che sapevano gestire quel tipo di lavoro. Forse l’errore di Naggiar è stato proprio quello.

Quale?
Pensare che bastasse la qualità delle canzoni, ma non è facile tirare fuori una I Like Chopin ogni anno.

Ti hanno mai chiesto di partecipare a show, talent o reality come Ora o mai più?
Mi hanno chiamato in svariati reality, ma ho sempre detto di no. Credo che gli artisti debbano essere visti sognando, non mentre bestemmiano perché hanno fame o freddo come vediamo nelle isole dei più o meno famosi. L’artista deve fare arte. Sicuramente ho guadagnato meno soldi, like e follower, ma voglio avere rispetto di me stesso. La mia è una visione di un altro secolo, ma la penso così.

Probabilmente alcuni colleghi cantanti pensavano di essere rilanciati dopo il passaggio tv, ma poi mi sembra che nessun album abbia scalato le classifiche.
Il piccolo schermo ha fagocitato tutto, compreso Sanremo, che è diventato un meccanismo tv. Ibrahimovic o Gorbaciov al festival non hanno a che fare con la musica, per questo non lo vedo. Mi irrita da morire, non mi interessa che Ibra mi insegni come vedere le cose. Lo facessero nei talk show. Al festival della canzone italiana vorrei sentire musica, anche slegata dalle logiche delle major, della Rai e dei politici che devono piazzare i loro amici. La kermesse aveva senso quando c’era Ravera.

Come mai?
Era un padre padrone, ma lavorava a quello tutto l’anno e cercava la canzone bella, curava i pezzi. Sono anni che non sento un brano uscito da Sanremo che rimane del tempo.