Era l’8 maggio 1982 quando a Zolder Gilles Villeneuve decollò sulla vettura di Mass trovando la morte nel corso delle qualifiche del Gp del Belgio.

 

L’INCIDENTE

L’8 maggio 1982 alle ore 13:52 sul circuito di Zolder mancavano pochi minuti al termine delle qualifiche per la gara del giorno dopo; Villeneuve occupava l’ottavo posto in griglia, mentre Pironi aveva il sesto tempo. Prima di rientrare ai box, il pilota canadese affrontò la chicane alle spalle dei box e successivamente la discesa che immette alla Terlamenbocht (chiamata la “curva del bosco”). Improvvisamente si trovò davanti la monoposto lenta  March condotta dal suo ex compagno di squadra alla McLaren Jochen Mass, il quale lo vide arrivare e si spostò subito a destra, pensando che il canadese lo superasse a sinistra. Villeneuve invece eseguì la manovra opposta, volendo affrontare la curva all’interno lungo la traiettoria più veloce, e quindi andò verso destra.

 

La collisione fu inevitabile ed ebbe un esito purtroppo infausto; la Ferrari urtò con la ruota anteriore sinistra quella posteriore destra della March; la monoposto numero 27 si staccò dal suolo e si alzò in cielo volando per circa venticinque metri, al di sopra del guard-rail di destra. Subito dopo la vettura si schiantò violentemente a terra nella via di fuga interna alla Terlamenbocht; l’energia cinetica era talmente forte che la macchina venne rilanciata in aria, senza buona parte dell’avantreno, per poi ricadere in mezzo alla curva. 

Quando la macchina rimbalzò sul terreno, uno dei pannelli della scocca posto tra lo schienale del sedile e la paratia frontale del serbatoio crollò, trascinando con sé purtroppo anche gli attacchi delle cinture di sicurezza; Villeneuve fu quindi sbalzato fuori dall’abitacolo con il sedile ancora attaccato a sé e ricadde scompostamente sulla spalla destra, dopo un volo di quasi 50 metri; nell’impatto distrusse la prima rete di protezione e poi urtò violentemente il collo su un paletto di sostegno della rete metallica più esterna. I rottami della macchina si distribuirono in tutte le direzioni. Nella carambola, Villeneuve perse anche le scarpe, che vennero ritrovate a duecento metri dal luogo dell’incidente, e il casco, che ricadde a cento metri, mentre il volante della Ferrari finì centottanta metri più in là.

 

Sul posto si trovavano alcuni commissari ed un medico, che immediatamente diedero l’allarme e cercarono di soccorrere il pilota. Venne esposta la bandiera rossa e alcuni piloti (lo stesso Mass, John Watson, René Arnoux, Derek Warwick, Eddie Cheever) parcheggiarono la macchina presso la curva e si avvicinarono al piloto. Le condizioni di Villeneuve furono subito gravissime; era privo di sensi, flaccido, cianotico e pieno di edemi su viso e collo. Altre lesioni non erano visibili e l’attività cardiaca risultava sembrava regolare, così il personale medico diretto dal dottor Sid Watkins (che giunse sul posto due minuti dopo il fatto) concluse che molto probabilmente c’era una frattura della colonna vertebrale. I medici provvidero pertanto a liberarlo dal sedile, a porre il collo in trazione e a praticargli massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca.

Una crescente folla di curiosi accorse sul luogo dell’incidente per capire cosa fosse accaduto. Per evitare che intralciassero le operazioni di soccorso, commissari e piloti formarono un cordone umano per bloccare l’accesso, mentre altri nascondevano il corpo di Gilles con dei teli neri. Passò di lì nel frattempo anche Didier Pironi, che tuttavia si fermò per pochi secondi, tornandosene subito dopo ai box.

Dopo qualche minuto il pilota fu condotto a bordo dell’automedica, condotta dal direttore di gara Roland Bruynseraede, e trasferito al centro medico dell’autodromo, dove fu stabilizzato, per poi essere elitrasportato alla clinica universitaria St. Raphael di Lovanio, dove un’équipe di medici rianimatori era pronta per prestargli le prime cure. Il dottor Watkins, che accompagnò Gilles lungo tutto il tragitto, purtroppo aveva già capito tutto. Gli stessi piloti che avevano visto le condizioni di Villeneuve tornarono ai box già consapevoli di ciò che poteva essere. John Watson disse a tutti che Gilles era già morto.

Una volta arrivato alla clinica di Lovanio, il capo rianimatore, professor De Looz, gli fece subito una TAC, che evidenziò la presenza di una grave lesione del tronco encefalico e la rottura con distacco delle vertebre cervicali con lesione anche del cranio dovuta all’impatto e alla decellerazione. Purtroppo non c’era più nulla da fare anche se per assurdo, Villeneuve fosse sopravvissuto, sarebbe rimasto paralizzato dal collo in giù in stato vegetativo

 

All’inizio il pilota venne tenuto in vita grazie a una macchina cuore-polmone, ma la definitiva diagnosi fu detta anche alla moglie di Villeneuve, Joanna, giunta a Lovanio verso le 19:00. Ella, dopo aver lungamente parlato con Watkins e De Looz, alle 21:12 diede l’autorizzazione a staccare le macchine che tenevano in vita il marito.

L’ULTIMA INTERVISTA

L’ultima intervista di Gilles Villeneuve, prima dell’incidente mortale, è del compianto collega Marcello Sabbatini di Rombo, realizzata qualche giorno dopo il Gran Premio di San Marino a Imola. Gilles è molto arrabbiato con il compagno di scuderia Pironi che lo sorpassò a due giri dalla fine del GP contraddicendo gli ordini di scuderia e facendo infuriare il canadese che non riuscì a vincere davanti ai suoi tifosi. Qualcuno disse che quell’episodio condizionò la la ferocia del pilota canadese nelle prove di Zolder spingendolo oltre il limite. Verso la morte.