Gianluca Grignani è stato intervistato dal Corriere dove ha ricordato alcuni aneddoti del suo passato e ha svelato i suoi progetti futuri. Ecco un estratto:
Vasco Rossi ha detto che «Gianluca Grignani è il John Lennon italiano».
«Sì, però voglio ricordare anche che ragazzi più giovani come Rkomi o Irama mi chiamano leggenda e mi rispettano. La musica è stata sempre dalla mia parte».
In ventisei anni di carriera lei ha venduto qualcosa come cinque milioni di dischi. Eppure, lei viene ricordato sempre e soltanto per i suoi eccessi. Perché?
«Intendiamoci: io ho provato di tutto. E ho fatto di tutto. Ma perché additare sempre il Grignani ribelle quando la mia carriera dimostra che c’è dell’altro? Esempio. All’Arena di Verona, l’altro giorno, sono sceso tra il pubblico a dare la mano a un signore che cantava La mia storia tra le dita. Per me è normale, ma quando nell’inverno scorso sul palco di Sanremo, assieme a Irama ho fatto la rockstar, tutti hanno scritto semplicemente che ero ubriaco. Nella mia vita ci sono stati e ci sono dei momenti di nulla, lo so. Mi sono rifiutato di cantare in playback, qualche volta ho fatto cazzate come dare in escandescenze. Però nessuno parla del Grignani che legge Calvino o Pirandello. Del Grignani che conosce l’opera incompiuta di Kafka e che è in grado di fare paragoni con Dostoevskij. Del Grignani che ha debuttato con Destinazione Paradiso ma che poi, per fare Fabbrica di plastica, ha messo su un vero studio di produzione».
Me lo racconta il giorno più brutto della sua vita?
«Un’immagine precisa. Io da solo in questa grandissima casa (una villa-studio a San Colombano al Lambro, tra Pavia e Lodi, ndr). Nel salotto, letteralmente aggrappato a una sedia. Aggrappato per non cadere in chissà quale abisso. Guardo fuori dalla finestra, un tempo uggioso, aspetto qualcuno. Non una persona particolare, qualsiasi persona. Ma passano le ore e non arriva nessuno. Non c’è nessuno e io mi sento solo come non mai. La separazione è qualcosa che fa male dopo un po’. E siccome io non ho stretti contatti con i miei genitori, quando mi sono separato ho sentito una solitudine dolorosissima, la consapevolezza di essere senza nessuno. Non ero in me quel giorno, è chiaro. Ma non era lontananza dalla realtà, era dolore».
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