Tra le pellicole che quest’anno festeggiano il quarantesimo anniversario troviamo I falchi della notte (Nighthawks), thriller d’azione diretto da Bruce Malmuth con protagonisti Sylvester Stallone, Billy Dee Williams, Lindsay Wagner, Persis Khambatta, Nigel Davenport e Rutger Hauer

Trama

Il tedesco Wulfgar è un terrorista al soldo del miglior offerente che si avvale della collaborazione della giovane algerina Shakka. I rivoluzionari con cui è in contatto, dopo un sanguinoso attentato, decidono che è troppo pericoloso per la loro causa e lo consegnano alla polizia. Wulfgar, però, riesce a fuggire, si sottopone ad una operazione di plastica facciale e si trasferisce a New York. Indovinate le sue mosse, un funzionario della polizia britannica si trasferisce negli Stati Uniti ed organizza un corpo speciale di agenti per catturare il fuggiasco, tra cui capeggia il sergente Deke DaSilva.

L’esordio a Hollywood di Rutger Hauer

I falchi della notte segnò il debutto a Hollywood per l’olandese Rutger Hauer, che fino ad allora aveva preso parte per lo più a film diretti da Paul Verhoeven.  Il ruolo del terrorista Wulfgar gli spalancò le porte della carriera, proseguita l’anno successivo con Blade Runner nel ruolo del replicante Roy Batty.

Per accettare il ruolo di Wulfgar, Hauer rifiutò un ruolo meglio pagato in Sphinx, un film d’avventura del 1981 diretto da Franklin J. Schaffner. Purtroppo durante la lavorazione del film, nel 1980, Rutger Hauer perse sua madre e il suo migliore amico e per questo fu costretto a fare su e giù per l’Olanda per partecipare ai loro rispettivi funerali. Nonostante tutti i drammi personali e tutte le difficoltà sul set, Hauer ha dichiarato nella sua autobiografia di essere felice di essere rimasto a bordo, perché questo film lo ha fatto notare a Hollywood, avviando la sua carriera internazionale.

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Le acrobazie di Stallone

Nel pieno della ‘caccia all’uomo’, quando la polizia cerca in tutti i modi di fermare Wulfgar che ha dirottato una cabina della funivia di Roosevelt Island con gli ostaggi, il personaggio di Stallone viene issato da terra per raggiungere la cabina posta in alto sopra di lui. Girare quella scena non fu affatto semplice per l’interprete di Rocky, che come dichiarò in seguito aveva un alto tasso di rischio.  

“Stare appeso alla funivia è stata probabilmente una delle acrobazie più pericolose che mi è stato chiesto di eseguire perché non era stata testata e mi è stato chiesto di tenere un coltello Gerber pieghevole nella mano sinistra in modo che se il cavo si fosse spezzato, e fossi sopravvissuto alla caduta di 230 metri nell’East River con la sua corrente gelida di otto miglia all’ora, avrei potuto liberarmi dall’imbracatura, perché il cavo quando era disteso pesava più di trecento libbre. Vi dico questo, perché è così stupido credere che sarei sopravvissuto all’impatto con l’acqua”.

In un’intervista con Roger Ebert nel 1980, Sylvester Stallone menzionò altri problemi avuti con le varie acrobazie. Per la scena in cui il suo personaggio salta su un treno della metropolitana in movimento e calcia fuori dal finestrino, il vetro era rinforzato con filo metallico, dunque serviva un calcio molto forte. Stallone insistette per usare proprio quel vetro e quando eseguì il calcio per poco non finì fuori dal treno dopo aver perso l’equilibrio alla rottura del finestrino. 

Nella stessa intervista, Stallone ha anche detto che ha trascorso quindici settimane in quasi totale isolamento nella sua stanza d’albergo tra una scena e l’altra, e che quelli sono stati i momenti più stressanti della sua vita.