«Da quando sono andato a prendere la licenza per fare i mosti alle dogane ho capito che ce l’avevamo fatta. Poi sono tornato allo stabilimento. Mi aspettavano tutti davanti alla porta. Ci siamo abbracciati, senza dire una parola. Era il 2016».
Chi parla è Mimmo Sorrenti, famiglia di mastri birrai da quattro generazioni, nonché presidente del Birrificio Messina, cooperativa nata dalla tigna di 15 lavoratori che, nel 2011, di fronte alla chiusura della loro azienda, hanno detto: non ci stiamo. E, rischiando del proprio, hanno dato il via a un modello cooperativo di successo: oggi produce 57mila ettolitri all’anno delle sue due birre di punta, la Birra dello Stretto e la Doc15 ed esporta in dieci paesi, fatturando circa 6 milioni di euro.
Non era la prima volta che il gruppo, capitanato da Sorrenti, si attivava per non disperdere, insieme ai posti di lavoro, un sapere antico che a Messina risale al 1923, quando l’impresa guidata dalla famiglia Faranda-LoPresti inizia a produrre con successo la Birra Messina. «Nel 1988 viene però acquistata dalla Dreher, che poi confluisce nell’Heineken la quale, nel 2007, per ragioni di capacità produttiva, decide di trasferire la produzione a Massafra, in Puglia, offrendoci di trasferirci tutti in massa. Ma non era pensabile», ricorda Sorrenti. «A quel punto abbiamo cercato un imprenditore che rilevasse lo stabilimento e lo abbiamo trovato». Si trattava di Francesco Faranda, discendente dei precedenti imprenditori. Ma presto cominciano i problemi e nel 2011 parte una lettera di licenziamento per tutti. I 41 birrai avviano allora davanti allo stabilimento un presidio che durerà 18 mesi, giorno e notte, abbracciati dalla solidarietà dei messinesi.
È nel 2013 che avviene l’incontro con la Fondazione Messina guidata da Gaetano Giunta: «Ci ha aiutato a costituirci in cooperativa, ci ha fatto da garante con le banche e, fra l’altro, ci ha supportato nello stendere il piano industriale, nella gestione amministrativa e a raccogliere fondi», ricorda Sorrenti. È il momento in cui i 41, rimasti nel frattempo in 15, mettono in comune il loro Tfr (750 mila euro), una parte della mobilità di alcuni e la garanzia alle banche delle loro case. L’investimento iniziale ammonta a 5 milioni di euro. Tremano i polsi, ma si va.
Nel 2016 si inaugura il Birrificio: «C’era tutta Messina. Se devo essere sincero, io non capivo più niente. Ciò che era successo era ai limiti dell’incredibile. Una gioia pazzesca». A settembre comincia la produzione delle due birre del Birrificio: 5mila ettolitri prodotti il primo anno, che oggi sono diventati 57mila con nuove 11 assunzioni. Tutti giovani, perché «per noi il ricambio generazionale è fondamentale». Fra gli elementi della svolta, anche l’accordo con Heineken, nel 2018: si stabilisce che il Birrificio produrrà per suo conto la Birra Cristalli di Sale e che però la multinazionale distribuirà attraverso i suoi canali la Birra dello Stretto e la Doc15.
Ma la vicenda del Birrificio, di cui i messinesi sono orgogliosissimi, si intreccia strettamente con le strategie di un Ente Filantropico sui generis, la Fondazione Messina guidata da Gaetano Giunta. E sui generis perché non eroga finanziamenti una tantum, ma costruisce vere e proprie strategie che producono sviluppo sostenibile finalizzato a ridurre le diseguaglianze prodotte dai modelli economici dominanti, che valorizza e rilancia competenze, saperi e tradizioni dei luoghi e delle cooperative con cui lavora. E che ha dimostrato, nei fatti, una certa efficacia.
Giunta ritiene che «sostenere esperienze di workers buyout come quella del Birrificio Messina e delle Ceramiche Pattesi che stiamo seguendo adesso, costituisce oggi una possibile misura strategica per promuovere forme di economie ‘giuste’, oggi più che mai necessarie in questa forte fase di fragilità socio-economica. I nostri studi dimostrano con chiarezza che tali forme organizzative partecipative, se accompagnate nella fase iniziale per favorire l’acquisizione di competenze manageriali, economico-finanziarie e commerciali, manifestano maggiore efficienza economica e, insieme, capacità di contrastare le crescenti e non più sostenibili diseguaglianze».
Testo tratto da “I Quindici: la toccante storia di un pugno di lavoratori che salva il Birrificio Messina. E salvano loro stessi”, Redazione economia, Huffington Post, 17.07.2024
“I Quindici” racconta la storia con la viva voce dei protagonisti.
La regia è di Alessandro Turchi, la produzione di EcosMedia, spin off di Fondazione Messina, con il contributo della Film Commission della Regione Siciliana e l’assistenza logistica della Messina Film Commission.
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