Noi degli 80-90 sbarca in America! Con grande piacere vi riportiamo la nostra intervista esclusiva fatta all’attore Sean Kanan, che molti voi ricorderanno nei panni di Mike Barnes, agguerritissimo villain di Karate Kid III, oltre a quelli di A. J. Quartermaine in General Hospital e Deacon Sharpe nella soap Beautiful.
In collegamento via Skype dall’America, Sean ci ha parlato ovviamente della sua esperienza nel franchise di Karate Kid, raccontandoci del suo provino, di un bruttissimo infortunio che ebbe sul set, del suo rapporto con colleghi e – non potevamo non chiederlo – di un suo eventuale coinvolgimento nella tanto seguita serie Cobra Kai. Scopriamo tutto quello che ci ha rivelato!
Come hai ottenuto la parte di Mike Barnes in Karate Kid 3?
Ho studiato arti marziali per tanto tempo. Il capo della mia scuola era Fumio Demura, il quale casualmente era anche la controfigura di Pat Morita in Karate Kid. Mi trovavo a Los Angeles per finire i miei studi in scienze politiche e già allora volevo intraprendere la carriera da attore. Il mio Sensei sapeva che ci sarebbe stata questa grande udizione per il ruolo di Mike Barnes, il nuovo villain di Karate Kid III e mi disse che avrei dovuto andarci e provare a ottenere la parte. Quindi ci andai. Ci saranno state oltre 1500 persone. John Avildsen, il regista, cominciò a camminare verso di noi, che eravamo tutti messi in linea, e cominciò a chiederci delle cose. Sapevo che avevo solo un paio di secondi per riuscire a catturare la sua attenzione. Mi chiese di fare un’improvvisazione. La feci e lui rimase soddisfatto, mi portò nel suo studio dove c’era anche Ralph Macchio. Abbiamo fatto una scena di prova insieme. Quando sono uscito da lì pensavo di aver fatto una grande impressione su di loro, avevo serie possibilità di ottenere la parte. Poi poco tempo dopo mi informarono che era stato scelto un altro ragazzo. Ero devastato. Cominciarono a girare con lui per una settimana, ma lo licenziarono. A quel punto ricevetti una chiamata in cui mi chiedevano di tornare. Avevo ottenuto il ruolo.
Com’era e com’è adesso il tuo rapporto con Ralph Macchio?
Sapete, io ero un grande fan della saga, avevo visto i primi due film. Purtroppo sul set c’era talmente tanto di quel lavoro da fare che non avevamo tempo per uscire insieme o andarci a fare una birra. Abbiamo provato molte scene insieme, soprattutto di arti marziali. Negli ultimi anni ci siamo rivisti un paio di volte, principalmente ad eventi organizzati dai fan dove firmavamo autografi. Comunque sono molto contento del successo che sta avendo adesso con Cobra Kai.
Sappiamo che sei stato vittima di un brutto infortunio sul set. Cosa ti è successo?
Mettiamola così. Il giorno di Natale del 1989, mentre tutti erano con la propria famiglia a scartare regali, io ero in un letto d’ospedale a Las Vegas a morire dissanguato. Ma andiamo indietro di un paio di settimane.
Stavamo finendo gli ultimi giorni di riprese prima della pausa natalizia. Io cominciai ad avere forti dolori alla coscia sinistra, dovuti, pensavo, agli intensi allenamenti di karate che facevo ogni giorno. Quindi cominciai a prendere diverse aspirine, che come sapete sono anticoagulanti. Praticamente ne presi talmente tante che mi perforai l’intestino. Il sangue mi cominciò a viaggiare lungo tutta la gamba sinistra, per questo avevo dolore. L’aspirina aveva peggiorato tutto.
Mi trovavo in un casinò con un amico quando all’improvviso mi sono sentito svenire e sono crollato a terra. Mi sono venuti a prendere con l’ambulanza e mi hanno portato al pronto soccorso, dove si accorsero che avevo perso tanto sangue. “Sei giovane e forte” mi dissero – “ma non sappiamo se riusciremo a salvarti la vita”. È stata la cosa più terrificante che mi sia successa.
Mi portarono in sala operatoria e in quel momento riuscii a dire al medico: “Se potete, evitate di tagliarmi il muscoli addominali.” Perché sapevo che se l’avessero fatto mi avrebbero cacciato fuori dal film, non c’era proprio tempo per guarire poi. Fortunatamente riuscirono a soddisfare la mia richiesta. Avevo una cicatrice di oltre 30 cm. Quando mi svegliai, trovai mio padre che era riuscito a prendere un volo all’ultimo, di notte. Era bianchissimo in faccia. Poi qualche giorno dopo mi arrivò la telefonata del regista John Avildsen che mi diceva che per continuare sarei dovuto tornare a girare fra 10 giorni, altrimenti avrebbero fatto un re-casting della mia parte. E sapete chi era in lizza per sostituirmi? Brandon Lee, il figlio di Bruce Lee.
Dunque i primi giorni provai a muovermi piano piano, era un dolore continuo. Ogni giorno facevo un giro in più di camminata finché chiesi di farmi dimettere dall’ospedale, anche contro il parere medico. Ero abbastanza guarito, non usavo più la stampella dopo una settimana. Tornai sul set, dove mi dissero che mi avrebbero tenuto, ma che avrebbero usato uno controfigura per tutti i miei stunts. Ero molto abbattuto, dato che avevo studiato karate per tutto quel tempo. Mi fecero allenare da un giocatore di football famoso, e io con tanta determinazione riuscii a tornare in forma, tanto che alla fine io miei stunts li feci proprio io, senza controfigura.
Per questo Karate Kid III è molto speciale per me. A soli 21 anni ho visto in faccia la morte e ho imparato che non ero invincibile, è stata una grande lezione. Soprattutto perché ho dovuto guardare dentro di me e raccogliere tutta la forza di volontà per guarire e non arrendermi.
Sei ancora in contatto con Thomas Ian Griffith?
Allora vi racconto questa. Mi stavo per sposare con mia moglie, era la nostra festa di fidanzamento 7 anni e mezzo fa. Eravamo in un ristorante a Hollywood e sapete chi incontrammo? Martin Kove (John Kreese)! Con lui devo dire che siamo rimasti amici, ci siamo visti più volte. Ma per un’assurda coincidenza, quel giorno anche Thomas Ian Griffith era a cena in quel ristorante!
Invece com’è stato lavorare con Pat Morita?
Da piccolo dovete sapere che sono cresciuto con Happy Days, me lo vedevo sempre quando uscivo da scuola. Quindi io conoscevo Pat Morita come Arnold [il proprietario del ristorante] prima di conoscerlo come Maestro Miyagi! Poi ho visto i primi due Karate Kid al cinema ed è stato surreale ritrovarmi con tutti loro sul set del terzo film. Pat era molto divertente. Non parlava per niente con un accento giapponese, anzi, aveva una calata proprio newyorkese, visto che era stato un grande comico. Ritengo comunque che si sarebbe meritato l’Oscar come miglior attore quell’anno. Ha portato tante sfaccettature e profondità al personaggio, se lo meritava.
Hai scritto un libro intitolato “Way of the Cobra”. Di cosa si tratta?
Questo è il mio terzo libro, è quello per il quale vado più fiero. L’ho impostato come se io fossi il Sensei e i lettori fossero nel mio dojo e io stessi insegnando loro “The Way of the Cobra”. Cobra è un acronimo che sta per Character – Optimization – Balance – Respect – Abundance. E “Cobra” è qualcuno che sta vivendo la propria vita al 100%, che sta raggiungendo il proprio successo personale. In questo libro ho inserito tanta filosofia che mi ha fatto andare avanti nella vita. Tra l’altro c’è un capitolo intero in cui parlo di tutto ciò che è ruotato attorno al mio ruolo in Karate Kid III, di tutti gli alti e bassi che ho dovuto affrontare, ma che sono stati fondamentali.
Questo dobbiamo chiedertelo per forza: sarai in Cobra Kai 4?
La risposta che do a tutti quanti: “Vedremo!” Scherzi a parte, ogni tanto parlo con i produttori di Cobra Kai, sono dei grandi, vorrebbero incorporare nella serie diversi personaggi dei film originali e lo vogliono fare in modo organico, non solo come semplici ‘camei’. I ritorni devono essere funzionali alla storia quindi… vi posso dire che non credo che abbiamo visto ancora tutto di Mike Barnes!
Come ti immagini Mike Barnes ora?
Potrebbero essere successe due cose. O ha intrapreso un cammino oscuro ed è andato in prigione, diventando una persona ancora peggiore, oppure magari mi piace pensare che possa essere entrato nell’esercito per imparare l’onore e il rispetto e uscirne cambiato. D’altronde ricordiamoci che aveva solo 17 anni, tutti a quell’età abbiamo bisogno di altre opportunità.
Quando io ho vestito i panni di Mike Barnes mi dissero che volevano semplicemente un bullo, senza altre sfaccettature. Oggi, a distanza di 30 anni, mi farebbe molto piacere rivestirne i panni, ma spero che possa diventare un personaggio più approfondito, con più di una dimensione diciamo.
Nel 2000 sei entrato nel cast di “Beautiful”. Che rapporto hai con Deacon?
È stata una delle più belle esperienze che abbia avuto. Beautiful ha tantissimi fan in tutto il mondo, specialmente in Italia. Poi all’epoca, quando capii quanto fosse seguito Beautiful nel vostro paese, ho deciso di imparare l’italiano, così da poter avere la possibilità, magari, di fare altri lavori in Italia. E infatti così è successo. Sono finito a Ballando con le stelle, poi ho fatto diverse ospitate a Pomeriggio Cinque. Amo l’Italia, la considero una seconda casa. Ci vive anche uno dei miei più cari amici. Una delle cose più brutte della pandemia è proprio il fatto di non poterci tornare. Io ho vissuto sei mesi a Roma quando facevo Ballando con le stelle, e io e mia moglie pensiamo spesso di rifarlo.
Riguardo un mio possibile ritorno in Beautiful perché no, se i miei impegni lo permettono sono aperto a tornare. Non escludo niente, sarebbe bello interpretare di nuovo Deacon.
Tra i tuoi più recenti c’è la serie “Studio City”, che hai creato insieme a tua moglie. Che esperienza è stata?
La serie ha vinto un Emmy per il miglior attore non protagonista, a fronte di altre 8 nomination, più tanti altri premi importanti. È stata un’esperienza fantastica. Si tratta di uno show che cercavo di fare da quasi 15 anni. Si basa principalmente sul personaggio di Sam Stevens, da me interpretato, che a sua volta in interpreta il Dottor Pierce Hartley in un cosiddetto show-with-in-a show. È un uomo di mezz’età che all’apparenza ha una vita senza problemi, ma che in realtà deve affrontare diverse difficoltà nella sua vita. È divertente e al contempo serio. Gli episodi durano 10-15 minuti e attualmente si trovano unicamente sul mercato americano, su Amazon Prime Video. Ma stiamo lavorando per far arrivare la serie anche in Europa.
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