Jennifer Aniston si scaglia contro la “cancel culture” e va contro tendenza, senza ipocrisia. Lo fa in un’intervista al magazine Wall Street Journal, nella quale rifiuta di considerare le persone che commettono errori, allo stesso modo dell’ex produttore e stupratore, Harvey Weinstein.
«Sono così stanca della cancel culture» – che indica una forma di ostracismo, anche con proteste violente, nei confronti di fatti storici o anche solo presunti – «Ne ho abbastanza. E forse mi ‘cancelleranno’ per averlo detto. Che significa [cancel culture]? Non capisco… non può esserci redenzione? Non lo so. Non metto tutti sullo stesso piano di Harvey Weinstein».
Aniston, pur avendo lavorato con il produttore, non rientra nella lista delle 80 donne dell’industria cinematografica americana che accusarono Weinstein di abusi sessuali. Nell’intervista, tuttavia, ha sottolineato che non desiderava passare del tempo con lui. «Non è una persona che ti fa pensare: “Oddio, non vedo l’ora di passare del tempo con Harvey”. Non è mai stato così. Anzi, era più un: “Oddio, forza, resisti”. Ricordo che è venuto a trovarmi sul set per propormi un film. E ricordo consapevolmente di aver voluto una persona nella mia roulotte» ammette Aniston.
La risposta dal carcere
Dopo le parole dell’attrice, è giunto il commento del portavoce di Weinstein: «Ho avuto un eccellente rapporto professionale con Jennifer Aniston durante la realizzazione di Derailed. Se fossi stato inquietante, o se l’avessi messa a disagio, lo avrebbe detto al suo manager, agente o regista che avrebbe gestito una cosa del genere. Non abbiamo mai avuto casi del genere, mai».
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