Chi l’avrebbe mai detto: l’Inghilterra ha scoperto Oronzo Canà e la sua leggendaria Bi-zona col 5-5-5 e ne è rimasta entusiasmata. Il The Guardian, celebre e prestigioso giornale inglese, ha infatti dedicato un’intera pagina della sua sezione sportiva a “L’allenatore nel pallone“, il film culto del 1984 con protagonista Lino Banfi.
A nobilitare la commedia diretta da Sergio Martino e resa immortale da Banfi è stata la giornalista Nicky Bandini, la quale, nell’articolo, si è molto soffermata sul ruolo e sull’ispirazione che il film ha avuto e dato ad altri prodotti simili, diventando un vero e proprio iniziatore di un genere. Nello specifico, L’allenatore nel pallone viene definito come una specie di ispiratore di una pellicola inglese (mockumentary uscito nel 2001) dal titolo «Mike Bassett: England Manager». “Prima di Mike Bassett, c’era Oronzo Canà.” comincia così la giornalista, mettendo su un piano simile le due storie, accomunate dal protagonista, un improbabile allenatore che sbuca dal nulla e arriva a guidare squadre di alto livello. La Longobarda nel caso di Banfi-Canà, la nazionale inglese per il mister Bassett.
Come genere di appartenenza, Bandini lo paragona a Carry On, nota serie di commedie britanniche a base di malintesi e doppi sensi, e sottolinea che in entrambi i casi sarebbe difficile rifare quei film tali e quali oggi, anche per una questione di battute, legate ad esempio, a gay e transgender. L’articolo ci informa poi che in alcuni paesi L’allenatore del pallone uscì con un titolo inspiegabile come Trainer on the Beach, l’allenatore in spiaggia, data l’impossibilità di rendere correttamente il gioco di parole del titolo italiano.
Nicky Bandini elogia diverse cose de “L’allenatore nel pallone”. «Se c’è qualcosa di veramente sorprendente nel film è la frequenza con cui si fa riferimento alla stampa sportiva italiana. Il film cerca, nel suo modo goffo, di inviare anche messaggio positivo sul razzismo. Il personaggio di Aristoteles viene ostracizzato dai suoi nuovi compagni di squadra, che rifiutano di condividere una stanza d’albergo, ma Canà lo tratta teneramente e non batte ciglio quando il giocatore inizia una relazione con sua figlia. Nonostante tutti i suoi difetti (e ci sono pezzi di cui avrei fatto a meno) non posso negare di essere rimasta incantata quando l’ho rivisto. Era un film del suo tempo, ma in un certo senso era anche avanti, nel portare i calciatori dentro la sfera dello spettacolo, in un modo che raramente si era visto prima».
Fonte: Corriere
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