Ospite del podcast “One More Time” di Luca Casadei, Lele Mora ripercorre alcuni momenti della sua vita e della sua carriera e ricorda i giorni nel carcere di Opera, dove fu rinchiuso per bancarotta:

“Avevo un debito con l’ufficio entrate. Stavo trattando per pagare questo debito, ma non è stato possibile: ero già stato in tribunale per fare un accordo ma il giudice non aveva accettato la dilazione di pagamento che avevo prospettato. Hanno emesso un mandato di cattura. Dopo circa tre orette, è suonato il campanello: la Guardia di Finanza è entrata in ufficio con un mandato di arresto. Poi mi hanno accompagnato nel carcere di Opera e lì ho fatto dentro 407 giorni”.

Giorni difficili, che lo hanno portato anche a tentare il suicidio:

“Era la Vigilia di Natale, erano venuti i miei figli e vederli andare via dalla finestra mi ha fatto sentir morire. Sono tornato in cella, non ho più pensato a niente, solo: “Perché devo stare qua? Perché devo soffrire così tanto e far soffrire così tanto i miei figli? Se mi tolgo la vita, forse è la cosa più bella”. Vicino al mio letto, c’era una lampada tutta incerottata, ho staccato tutto lo scotch, mi sono messo un asciugamano in bocca e mi sono incerottato. Penso di essere anche svenuto perché non respiravo più”.

Tanti gli incontri importanti della sua vita, da quello con Giampiero Malena, manager di Pippo Baudo, a Fatma Ruffini, che gli affidò il primo incarico a Scherzi a Parte, a Silvio Berlusconi:

“Nacque un’amicizia molto bella, molto vera e molto sincera che continuò per tanti anni. Ci sentivamo cinque, sei volte al giorno…Ero molto lusingato di aver incontrato e di avere a che fare con uomo come lui. Nel periodo in cui lo frequentavo, c’era tanta gente che mi chiedeva di venire ad Arcore a cenare con lui o a conoscerlo, però io non mi sono mai permesso di invitare nessuno perché la volevo tenere per me questa grande amicizia”.