Dopo essere stato presentato con grande successo alla 69ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, arriva anche nelle sale italiane Light of my life di Casey Affleck (vincitore di un Oscar®, Golden Globe, BAFTA, Critics’ Choice Movie Award e National Board of Review per la sua memorabile performance in Manchester by the sea). Secondo lungometraggio del regista, dopo il mockumentary del 2010 Joaquin Phoenix – Io sono qui!, il film è stato presentato ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma.
Light of my life racconta la storia di un padre e della sua unica figlia di undici anni, che si nascondono tra boschi e in case disabitate, dopo che un virus ha sterminato buona parte della popolazione femminile. Il ruolo della piccola protagonista Rag è stato affidato alla giovane stella nascente Anna Pniowsky, che recita al fianco di Tom Bower (PollockLe colline hanno gli occhi) ed Elisabeth Moss (Mad MenThe Handmaid’s Tale).
Light of my life sarà distribuito da Notorious Pictures a partire dal 21 novembre 2019.
RECENSIONE
Light of my life è la storia di un padre e di sua figlia Rag di undici anni, che sono costretti ad una vita  nomade  dopo  essere  sopravvissuti  a  un’epidemia  che  ha  decimato  la popolazione mondiale sterminando, quasi totalmente, quella femminile. In questo contesto apocalittico si sviluppa la storia di un padre che cerca di proteggere la figlia dal mondo intero. Il film si apre con una sorte di buonanotte da parte del padre verso la figlia, un racconto molto lungo che all’inizio è difficile da capire, poi invece diventa molto comprensibile. Il mondo post-epidemia si presenta molto ricco di insidie per vie del genere femminile che non esiste più e condanna qualsiasi padre di famiglia a simulare che suo figlia sia in reatlà un figlio per non essere depredato e aggredito dai superstiti.
Il fulcro del film è il terrore, la continua ricerca della sopravvivenza per chi oramai non ha più nulla. Menzione speciale i paesaggi e le inquadrature, Affleck non crea il classico survival movie ma bensì concentra la sua attenzione esclusivamente sul rapporto padre-figlia nel contesto apocalittico. Non ci sono scene d’azioni degne di nota ma solamente la continua protezione. Aspettatevi tanti primi piani e delle scene mozzafiato.