Dal regista Cedric Jimenez arriva “L’uomo dal cuore di ferro”, pellicola tratta dal romanzo beststeller HHhH – Il cervello di Himmler si chiama Heydrich. Al centro del racconto la terribile storia del “Macellaio di Praga” Reinhard Heydrich, il più crudele gerarca nazista del Terzo Reich.
La pellicola ci mostra l’inarrestabile ascesa di Heydrich (Jason Clarke) e il suo assassinio. Freddo e implacabile, Heydrich fu uno dei più potenti gerarchi del regime Nazista e principale artefice della “soluzione finale del problema ebraico”. Ebbe sotto il suo controllo l’intero apparato di sicurezza e repressione delle SS e venne nominato da Adolf Hitler governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, dove mise in atto sanguinose repressioni per annientare la resistenza anti-tedesca. Accanto a lui sua moglie Lina, (Rosamund Pike,) che lo introdusse all’ideologia Nazista e gli fu accanto negli anni della sua ascesa. Tuttavia, un piccolo gruppo di combattenti della Resistenza Ceca in esilio, addestrati dagli inglesi e guidati dal governo cecoslovacco, tentò di fermare “l’inarrestabile”. Heydrich fu ferito a morte durante un’azione dei paracadutisti capitanata da Jan Kubis e Jozef Gabcik, mentre stava attraversando la città di Praga; fu il più alto ufficiale Nazista ad essere ucciso durante la Seconda Guerra Mondiale.
Una pagina oscura della Seconda Guerra Mondiale
Prossimo alla Giornata della Memoria, celebrata internazionalmente il 27 gennaio, arriva al cinema L’uomo dal cuore di ferro per illustrare uno dei capitoli più oscuri della Seconda Guerra Mondiale. La pellicola, come si evince dal nome stesso, ruota intorno al generale Heydrich, tuttavia è egualmente suddivisa in ‘parti’ con diversi protagonisti. L’inizio ci mostra l’incontro di Heydrich, militare in disgrazia, con la futura moglie Lina, una convinta giovane donna iscritta al Partito Nazista, algidamente interpretata da Rosamund Pike, ormai una garanzia. Lasciatosi convincere dalle idee della sua futura moglie, Heydrich entra ben presto negli alti ranghi delle SS, dando vita ai cruenti stermini che ben conosciamo. L’altro ‘fronte’ di protagonisti è invece rappresentato dal gruppo di ribelli cecoslovacchi, artefici di un piano per uccidere il temibile carnefice. È proprio in questa parte che si sviluppa buona fetta della narrazione, fino a raggiungere un picco emotivo nello svolgimento finale.
Jimenez lavora bene con la regia, fornendo fluidità alla storia e contrapponendo alla brutalità degli eccidi la celebrazione dell’innocenza e del coraggio dei ribelli, fra tutti quelli di Jan Kubis e Jozef Gabcik. Difficile non commuoversi nell’immagine della Resistenza, unico barlume di vita ancora umana, pronta a sacrificarsi in quella che, consapevolmente, si concluderà in una missione suicida. Il film è ben curato, con l’unica pecca che non riesce a scavare a fondo in quella che avrebbe fornito forse una visione e una lettura più interessanti, ovvero la parte di annidamento di tutto questo male, descritto, a livello psicologico, troppo fugacemente.
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