“Danza come una farfalla, pungi come un’ape.”

Era il 3 giugno 2016 quando si spense uno degli sportivi più apprezzati della storia, il pugile Muhammad Ali.

Sin dagli inizi di carriera, Ali si contraddistinse come una figura carismatica, controversa e polarizzante sia dentro che fuori dal ring di pugilato. Il suo enorme impatto mediatico e soprattutto sociale non ebbe precedenti nel mondo agonistico, facendo di lui uno degli sportivi più conosciuti di tutti i tempi, essendo stato nominato “sportivo del secolo” o “personalità sportiva del secolo” da diversi periodici. Fu inoltre autore di alcuni best seller come The Greatest: My Own Story e The Soul of a Butterfly.

La vita

Alì, nato a Louisville il 17 gennaio 1942, iniziò ad allenarsi all’età di 11 anni, facendosi conoscere con il nome di battesimo Cassius Marcellus Clay. A soli diciotto anni vinse l’oro Olimpico ai Giochi di Roma nel 1960 (nella sua autobiografia affermò di aver gettato la medaglia nel fiume dell’Ohio come plateale gesto di protesta verso il suo Paese e la discriminazione razziale) e nel 1964, all’età di 22 anni, conquistò il titolo mondiale dei pesi massimi sconfiggendo a sorpresa il temuto e potente campione in carica Sonny Liston.

Successivamente si unì alla setta afroamericana Nation of Islam (NOI) di Elijah Muhammad, cambiando legalmente il suo nome in Muhammad Ali e promuovendo inizialmente il concetto di separatismo nero. Con una visione d’insieme profondamente influenzata dalla sua ammirazione per il mentore Malcolm X, più tardi anche Alì lasciò la NOI, aderendo prima al sunnismo e poi praticando il sufismo, oltre a sostenere l’idea di integrazione razziale.

Nel 1967, tre anni dopo la conquista del campionato mondiale, Alì si rifiutò di combattere nella Guerra del Vietnam per via della sua religione e della sua opposizione al conflitto. Per questo, fu arrestato e accusato di renitenza alla leva, oltre ad essere privato del titolo iridato. Non combatté per i successivi quattro anni. L’appello di Alì fece strada sino alla Corte suprema degli Stati Uniti d’America, che annullò la sua condanna nel 1971. La sua battaglia come obiettore di coscienza lo rese un’icona nella controcultura degli anni sessanta.

È l’unico peso massimo ad essere stato campione lineare per tre occasioni: nel 1964, 1974 ed infine nel 1978. Tra il 25 febbraio ed il 19 settembre 1964 fu inoltre campione indiscusso della divisione. Detiene il maggior numero di premi “pugile dell’anno”, assegnato da The Ring per ben 6 volte. 

Soprannominato “The Greatest” (Il più grande), Ali è stato protagonista di alcuni dei più importanti e famosi eventi del mondo pugilistico. Tra questi vi furono la prima controversa sfida contro Sonny Liston, i tre aspramente combattuti match con l’irriducibile rivale Joe Frazier, ed il cosiddetto “Rumble in the Jungle” del 1974 contro il campione in carica George Foreman, dove riconquistò i titoli persi sette anni prima.

Alì e le conferenze provocatorie: trash-talking

In un’era dove molti pugili lasciavano parlare i propri manager, Alì, ispirato dal wrestler Gorgeous George, si ritagliò il proprio spazio divenendo famoso come personaggio provocatorio e stravagante. Prese infatti il controllo di numerose conferenze stampa ed interviste, parlando liberamente anche di problemi non legati al pugilato. Con il proprio carisma si contraddistinse inoltre come uno dei principali innovatori della pratica del trash-talking nel mondo sportivo. Trasformò profondamente il ruolo e l’immagine dell’atleta afroamericano negli Stati Uniti, diventando punto di riferimento del Potere Nero.

Il personaggio cinematografico Apollo Creed, appartenente alla saga dei film di Rocky, è modellato a immagine e somiglianza di Ali: infatti lo stile di combattimento di Apollo è identico a quello del pugile da cui è ispirato, cioè un mix di agilità e potenza. Anche lo stile canzonatorio e provocatorio di Apollo Creed durante le conferenze e prima del match sembra imitare quello di Ali.

La malattia

Ritiratosi definitivamente dall’attività agonistica nel 1981, nel 1984 gli fu diagnosticata la malattia di Parkinson. e commosse il mondo apparendo come ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Atlanta del 1996; in quell’occasione gli fu anche riconsegnata la medaglia d’oro vinta a Roma nel 1960.

 

Nel 1998, Ali cominciò a collaborare con l’attore Michael J. Fox, anche lui affetto da Parkinson, per aumentare la consapevolezza nella gente e per aiutare la ricerca di fondi per la malattia: i due hanno fatto un’apparizione insieme davanti al Congresso degli Stati Uniti nel 2002 e lavorato insieme con la Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Disease per sensibilizzare e incoraggiare le donazioni per la ricerca. 

Il leggendario campione morì il 3 giugno del 2016 a causa dell’avanzato stadio di Parkinson all’età di 74 anni.