Roberto Benigni si appresta a ricevere il Leone d’Oro alla Carriera alla prossima Mostra del Cinema di Venezia e per l’occasione abbiamo scelto di parlarvi di uno dei suoi film più celebri e amati, «Non ci resta che piangere».
Come molti di voi ben sapranno, il film venne scritto, diretto e interpretato da Benigni e Troisi insieme, che diedero vita ad uno degli affiatamenti più inimitabili della storia del cinema italiano. Tutta la pellicola è caratterizzata da continue improvvisazioni (la scena del fiorino, la lettera a Savonarola, la canzone Yesterday per citarne alcuni), eppure i due attori/registi passarono parecchio tempo a pensare e preparare il film.
Benigni e Troisi non erano inizialmente molto ispirati e chiesero ai produttori (Mauro Berardi e Ettore Rosboch) di potersi ritirare a Cortina d’Ampezzo, a spese della produzione. Dopo un soggiorno di oltre un mese, l’ispirazione ancora non arrivava. Decisero quindi di cambiare paesaggio e dalla montagna passarono al mare. Non ancora convinti, poco dopo si trasferirono in Val d’Orcia. Alla fine si presentarono con due appunti: ci perdiamo nel Medioevo, andiamo a fermare Cristoforo Colombo. «Abbiamo lavorato a lungo, mesi e mesi, sulla sceneggiatura» ha raccontato Benigni «abbiamo rigirato tutte le scene un sacco di volte perché spesso ridevamo a crepapelle sul set. Un film nato da quel sentimento che è così uguale e così distante dall’amore che è l’amicizia…nato proprio dal fatto che siamo invincibili, quando c’è questa armatura fragilissima, trasparente dell’amicizia, del volere costruire insieme una cosa. Eravamo allegri e ognuno poi si appoggiava sull’altro».
L’origine del titolo
Non tutti forse sanno come nacque l’idea del titolo. L’aneddoto è stato svelato da Benigni in un’intervista rilasciata per i contenuti speciali dell’edizione Blu-ray: «Il titolo del film, nasce da una poesia di Petrarca… a Troisi dicevo “ti leggo una poesia dimmi quale ti piace di più per il titolo”. Arrivato a “Non ci resta che piangere” mi fermò dicendo “questa mi piace”».
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