Il nome di Patrizia Reggiani è tornato sulla bocca di tutti in seguito all’inizio della produzione del film House of Gucci, incentrato sulla sua storia e quella dell’ex marito Maurizio Gucci, fatto assassinare da lei stessa nel 1995.
L’omicidio, di cui è stata riconosciuta mandante in via definitiva, si è consumato in via Palestro, a Milano, nell’atrio di ingresso del palazzo al civico 20 in cui Gucci aveva gli uffici della sua nuova attività dopo la vendita della casa di moda. House of Gucci, diretto da Ridley Scott, riporterà alla luce quelle vicende, esaltate dalla presenza di Lady Gaga nei panni della Reggiani e Adam Driver in quelli dell’imprenditore. Proprio con Lady Gaga, Patrizia Reggiani si era detta infastidita dal fatto che non si fosse messa in contatto con lei per un confronto.
Dopo quasi vent’anni di carcere a San Vittore, Patrizia Reggiani ha concesso una nuova intervista dal Corriere della Sera, tornando a parlare del suo rapporto con l’ex marito, rivelando di averlo fatto uccidere “per stizza”. Prima di arrivare all’omicidio, ha raccontato di com’è nato la loro relazione, che non fu proprio da colpo di fulmine:
«Ci trovammo a uscire in quattro. Io e il ragazzo con cui flirtavo, e una mia amica che faceva lo stesso con Maurizio. […] Dopo le iniziali uscite a quattro, trascorsero dei giorni, delle settimane. Ci divertivamo un mondo. Cene, feste, eventi… Seppi dall’amica che Maurizio mi aveva messo gli occhi addosso, fin dall’inizio, e che a un certo punto lei si era arresa, lasciandogli il campo libero. Soltanto che io non mi ero accorta di un bel niente. Quei suoi occhi sembravano quelli di un pesce lesso, e comunque ero la regina di Milano, insomma, bisognava andarci piano con me… Quando quel quartetto si sgretolò iniziai a stare con lui, per prima cosa lo portai dal parrucchiere. I capelli con la brillantina non si potevano vedere. Per la verità, nemmeno un dente mezzo rotto che aveva sul davanti».
«Siamo stati una bella coppia. Fin quando si sono messi in mezzo dei suoi amici. Hanno fatto gruppo contro di me e lì è iniziata la rovina. Una costante opera di isolamento».
Poi, Patrizia Reggiani, a domanda diretta riguardo il motivo per cui ha fatto uccidere il marito, risponde:
«Io non odiavo Maurizio. Non l’ho mai odiato. È stata stizza, la mia. Mi stizziva. Andavo dal salumaio e domandavo se conoscesse qualcuno che ammazzava la gente. Pensare che anni prima, avevano assassinato un conoscente di Maurizio e ci trovammo a parlarne. Eravamo alle Galapagos. Io ripetevo – e non mentivo – che non ne sarei mai stata capace. Mai».
I killer materiali del marito, rinominati banda bassotti perché non professionisti, “non li ho più rivisti”, ammette la Reggiani. Furono cinque gli arrestati. Tre uomini, due donne. Benedetto Ceraulo: muratore (il killer); Orazio Cicala, imprenditore devastato dai debiti di gioco (l’autista del sicario); Ivano Savioni, portiere d’albergo nella zona di via Lulli, hotel a ore per amanti (organizzatore dell’agguato); Giuseppina Auriemma, che si spacciava per cartomante e sensitiva (intermediaria); infine lei, Patrizia Reggiani.
Del carcere, la Reggiani ricorda un’esperienza positiva:
«Quando ho iniziato a usufruire dei permessi premio, non vedevo l’ora di tornare in cella. Stare fuori mi spaventava. Mi spaventavano, come dire, le molteplici complicazioni nella gestione della mia esistenza successive alla cattura e alla detenzione… Dentro, in prigione, mi sentivo al sicuro».
Dei 26 anni di condanna ne ha scontati 20 al San Vittore di Milano: “Ho pagato quello che dovevo, avendo fatto uccidere il mio ex marito – ha aggiunto -. Non di più, non di meno”.
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