Piero Pelù ha concesso una lunga intervista al Corriere.it in cui ha ripercorso tutta la sua carriera, raccontando degli aneddoti importanti. Ecco un piccolo estratto:
Sul palco del Concertone nello scorso primo maggio lei è stato l’unico vero animale da palcoscenico, come ha scritto Renato Franco sul Corriere della Sera .
«Sì, diciamo che per me la fisicità è stata sempre molto importante. Ho studiato mimo e teatro, da ragazzo andavo a vedere gli spettacoli di Ferruccio Soleri e di Dario Fo, maestri del corpo come performance. Però vengo preso sul serio solo in Francia, dove il mimo è una cosa serissima».
La vittoria dei Måneskin all’Eurovision ci ha mostrato una forma di rock interessante: uomini con tacchi e occhi bistrati. Ai suoi tempi era così?
«Ci siamo dimenticati di Iggy Pop a torso nudo, ma non mi fermerei qui. Ve lo ricordate come saliva sul palco Elvis? Eppure questo non gli ha impedito di essere considerato il più sexy di tutti. Andando più vicino ai nostri tempi: che dire di David Bowie, tanto per sconfinare dal rock puro? La verità è che il vero rock può permettersi tutto e resta comunque sexy, il genere non c’entra. Io poi sono stato il primo a giocare con i tatuaggi, travestirmi mi piaceva e, certo, c’è stato chi mi ha chiamato “effeminato” con l’intenzione, assurda, di offendermi».
Un episodio?
«Tanti. Giravo con i capelli dritti in testa, giacchetta di pelle nera. Mi hanno detto di tutto, da tamarro a checca a tossico. Bullismo, certo. Ma me ne fregavo. Le radici punk mi hanno fatto da scudo. Si guardava ai Sex Pistols e poi ai Clash: certo che erano truccati e travestiti, ma faceva parte del gioco della ribellione. L’attenzione al trucco di Damiano distoglie lo sguardo dal punto chiave: questi ragazzi hanno fatto un miracolo. Ventenni che sono arrivati là dove tanti altri non ce l’hanno fatta».
Al tempo dei Litfiba giravano tanti soldi?
«Tantissimi. Milioni di dischi, concerti con migliaia di persone, il successo in Francia. Ad un certo punto ci sentivamo come ubriachi di qualcosa che non riuscivamo nemmeno a vedere, tanto ci passava davanti velocemente. Peccato che mi fecero firmare un contratto con cui quello che ho ribattezzato “Mister 50 per cento” si assicurava la metà di tutte le entrate dei Litfiba. Sì, ero scemo ma senza nemmeno tanti soldi».
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