Il film
Uscito nel 1975 e diretto dal maestro Dario Argento, l’opera segna, all’interno del percorso artistico del regista, il passaggio fondamentale tra la fase thriller, incominciata nel 1970 con L’uccello dalle piume di cristallo e quella horror intrapresa nel 1977 con Suspiria.
Fin dalla sua uscita nelle sale la pellicola ebbe un ottimo successo di pubblico: si segnalano i terrificanti effetti speciali, cui mise mano anche Carlo Rambaldi, e la musica del gruppo rock progressive dei Goblin. Alcune composizioni sono firmate anche dal pianista jazz Giorgio Gaslini.
La trama
Tutto ha inizio quando, durante una conferenza su fenomeni telepatici e paranormali, la sensitiva tedesca Helga Ulmann (Macha Méril) percepisce che tra gli spettatori in sala c’è un assassino. Dopo aver confessato la sua sensazione a un suo collega, il professor Giordani (Glauco Mauri), la dottoressa torna a casa dove viene trucidata senza pietà dal maniaco con una mannaia da macellaio.
Testimoni dell’omicidio sono Marc Daly (David Hemmings), pianista jazz inglese che abita nello stesso edificio di Helga, e il suo amico Carlo (Gabriele Lavia), un uomo depresso e alcolizzato. Subito dopo l’accaduto, arrivano sul posto il commissario Calcabrini (Eros Pagni) e la reporter Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), per cominciare immediatamente le indagini. Nonostante i sospetti ricadano su Daly, l’uomo decide di affiancarsi alla giornalista e indagare per prendere finalmente il serial killer. Questo lo porta ad attirare l’attenzione dello stesso assassino che, una sera, riesce a entrare in casa sua e, con il solito sottofondo, cerca di aggredirlo. A salvargli la vita, però, è una telefonata di Gianna che, cogliendo di sorpresa il maniaco, permette a Marc di chiudersi in un’altra stanza. Le ricerche si fanno sempre più fitte e portano alla scoperta di un probabile trauma psicologico che lega il killer alla musichetta corale: il suo primo omicidio. Seguono una serie di morti brutali che avvicinano sempre di più l’uomo alla verità. Riuscirà Marc a scoprire la vera identità dell’assassino o sarà l’ennesima vittima della sua ferocia spietata?
La sceneggiatura
Tra le scene più inquietanti del film troviamo sicuramente quella del bambolotto che entra all’improvviso nella stanza. Sia in fase di sceneggiatura che durante le visioni dei giornalieri però, il fratello Claudio e il padre Salvatore (di Argento) trovarono inopportuna e ridicola la scena del pupazzo meccanico. Gli chiesero di rimuoverla giudicandola una scemenza. Argento, furioso, fu irremovibile e la lasciò contro ogni tentativo di altrui dissuasione. D’altro canto però tutta la prima stesura scritta di getto raggiungeva le tre ore. Oltre 500 pagine. Dopo la sua lettura da parte del padre e del fratello, che suggerirono come il pubblico di allora non fosse pronto per un film così lungo, Dario la tagliò riducendola a 321 pagine.
Al Cineclub Arsenale nel 2015, Argento infatti ha raccontato tutto ciò specificando anche la difficoltà nel gestire l’autosuggestione:
“Ho scritto il film in solitudine. Avevo una casetta in campagna, ce l’avevo da qualche anno, disabitata. Ho voluto scrivere lì, perché mi piace stare da solo per pensare e lasciarmi ispirare. La mattina così andavo li a scrivere, era vicino Roma. Non c’era corrente, e scrivevo fino a che non calava il sole. Tutti i pensieri spaventosi che accumulavo durante il giorno poi mi spaventavano quando arrivavano le ombre e così me ne andavo preso dalla paura. È stato anche un aiuto perché mi ha aiutato a scrivere più velocemente. Ci ho messo solo 3 settimane. L’idea del titolo mi venne in mente mentre guidavo. Il film l’ho fatto con grande entusiasmo. Da tutto il mondo poi arrivarono tante manifestazioni d’affetto“.
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