In occasione dei 40 anni di Self Control, la canzone che lanciò un giovanissimo Raf nel panorama della musica italiana, il cantautore racconta a “Today” come nacque quella canzone e cosa ha significato per lui:
“Io facevo punk-punk, davvero uno dei pochi in città, roba che la gente in autobus mi evitava. A un certo punto andai a Londra, ma erano già gli anni ottanta: stavo diventando grande, dovevo trovarmi un lavoro, il punk e la new wave erano agli sgoccioli. Fu allora che cominciai a collaborare con Giancarlo Bigazzi, tramite il proprietario di un negozio di musica di Firenze che frequentavamo tutti. Lui veniva da un mondo che detestavo, ma mi misi alla prova: ero convinto che con qualche compromesso ce l’avrei fatta, a non tradirmi. Fu Bigazzi a convincermi a cantare Self control, uno dei tanti pezzi italodisco che aveva prodotto: ero sicuro che non sarebbe successo niente; invece ci esplose in mano”.
Sul momento, però, per Raf non fu proprio motivo di vanto:
“Lo percepii come una gabbia, specie quando in Inghilterra mi chiesero di fare un disco interamente come Self control. E non ce la facevo. Ci ho fatto pace solo poi, oggi nonostante non c’entri niente con il resto del repertorio mi diverto a suonarla con la band”.
Per quanto riguarda Sanremo, il cantautore ammette:
“Sanremo non è mai stato un passeggiata di piacere. Io l’ho sempre vissuto male, odiavo quei meccanismi televisivi per cui c’erano le classifiche, le eliminazioni, gli ‘esperti’ di non si sa cosa che votano. La musica non era al centro e sono convinto che qualsiasi artista glielo può confermare”.
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