Ospite di Marateale, il Festival del cinema che si tiene in Basilicata, Raoul Bova ha raccontato la sua vita e la sua carriera. L’attore ha parlato di come il cinema lo abbia salvato dalle aspettative che tutti nutrivano su di lui e sul nuoto:

“Il destino che avevo progettato, quello di campione di nuoto si è infranto sotto il peso di tutte quelle aspettative mie, di mio padre, del mio allenatore. Avevo bisogno di supporto più morale che fisico, la voglia di gareggiare era un’ossessione, soffrivo il giudizio, quell’ansia incredibile, ci sono voluti anni per riappropriarmi dello sport come gioia. Era una gabbia dalla quale scappare ma avevo paura di deludere soprattutto mio padre. Dopo aver perso la gara della vita ho abbandonato, mi ha salvato il cinema”.

Nella sua intervista a La Repubblica, invece, Raoul Bova ha ricordato la regista Lina Wertmüller:

“Io conobbi  un po’ per caso perché un giorno stavo accompagnando la mia compagna, all’epoca Romina Mondello, a un provino e lei mi vide e mi chiese “Ma cosa stai facendo tu in questo momento?” e io le dissi che non stavo lavorando e quindi mi prese per recitare in “Ninfa Plebea”. Lei cercava un ragazzo napoletano ma io non lo conoscevo, quindi, mi fece fare un corso di napoletano e devo dire che lei per me è stata un momento di grande scuola, di grande cinema. Lei era attentissima all’estetica, alle luci, a tutto. Mi ricordo che una volta, fece cambiare tutte le luci del set perché non mi si vedevano bene gli occhi. Lina mi insegnò a baciare perché il bacio era una cosa allo stesso tempo molto cinematografica ma anche delicata, se non si bacia in maniera corretta si può anche rovinare la scena. Mi diceva sempre che doveva essere semplice: sono andata a scuola di bacio da lei!”