Nel passato dei Red Hot Chili Peppers, così come in quello di tante altre band, purtroppo c’è anche la droga. In un estratto della sua biografia, Acid For The Children, Flea il bassista della band racconta di quando lui ed Anthony Kiedis si sballavano:
“Non mi resi conto di quanto fosse distruttivo farsi fin quando non vidi da sobrio qualcun altro farlo. Arrivai a casa con David dei Neighbors Voices e trovammo Anthony sul tetto che teneva uno pneumatico sollevato sopra la testa. Era strafatto, in preda alla paranoia da cocaina, diceva che qualcuno voleva aggredirlo ed era pronto a lanciare quell’affare dal tetto. Riuscimmo a convincerlo a scendere, entrammo in casa, lo facemmo sedere e lo aiutammo a scacciare i demoni immaginari. Lui continuò a cercare il mostro sotto il letto e dentro l’armadio. Nei nostri giorni da drogati, Anthony e io ci chiamavamo i fratelli Siringa. Thelonious e Bartolomeo Siringa.”
Il bassista inizia il racconto spiegando come abbia iniziato a far uso di droghe e di come, queste, lo facessero sentire:
“Per mettere le cose in chiaro, non sono mai stato un tossico. Ma uno sperimentatore sì, seppur mal consigliato e fuori controllo. Pensavo ci fosse qualcosa da scoprire, ma in realtà queste droghe ingannano solo il cervello, giocano con la chimica del corpo, la serotonina, la dopamina, e ti inducono a credere che stia accadendo qualcosa di significativo. Tutte cazzate, non c’è nulla di romantico dietro, non c’è niente. Questi esperimenti causano tristezza, nevrosi, danni fisici. È roba che ti toglie e che non ti dà nulla, zero.”
Per, poi, aggiungere:
“Pensavo che spararsi cocaina significasse vivere al massimo, oltre i parametri che la società aveva stabilito per noi. In quel mondo di folle abuso di droga, anche i comportamenti più assurdi sembravano naturali. Il mio atteggiamento quando mi facevo di cocaina, e anche in seguito quando la inalavo o fumavo crack, era frenetico, disperato, sregolato. Era esattamente l’opposto della vita che avrei augurato a chiunque altro. Non sapevo cosa mi stavo facendo. Uno come me, alla ricerca disperata di una guarigione emotiva e spirituale, che si immergeva in altra sofferenza. Tutta la scrupolosità nel disinfettarmi con l’alcol e usare le siringhe una volta sola finì presto.”
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