Renato Zero è stato ospite della nuova puntata “Passa dal BSMT“, il podcast di Gianluca Gazzoli. Un’occasione, quella del suo compleanno festeggiato il 30 settembre, per ripercorrere la sua vita e carriera, specialmente l’infanzia e alcune curiosità sul rapporto con il padre.
Commentando le decorazioni appese ai muri del Basement dove si registra la puntata, Zero ne ha approfittato per raccontare la sua infanzia:
“Sono invidioso di tutta questa grande rappresentazione gioiosa. La mia infanzia è stata un’infanzia molto solitaria, perché essendo nato nel centro di Roma, negli anni Cinquanta c’erano solo grandi ceppi nobiliari. Primeggiavano i sacerdoti, il clero e i nobili. Non c’erano bambini. Io tra l’altro andavo a scuola dalle suore francesi del Sacro Cuore e lì c’erano tutti bambini molto altolocati, figli del benessere. Sono nato già adulto in pratica”.
E continua, sottolineando l’importanza che per lui hanno rivestito le persone anziane:
“Vivevo in via Ripetta 54, eravamo praticamente 11 persone. I miei quattro fratelli, mio padre, mia madre, mia nonna, i fratelli di mamma che erano tre scapoloni e una zia che serviva una famiglia di Salerno. Mia nonna mi prendeva e mi portava sulla Tuscolana, sulla Tiburtina, in zone che per me sembravano ai confini della realtà.
Per me gli anziani hanno rappresentato il canale più attendibile per capire la vita, per garantire la mia serenità a 74 anni. E’ tutto frutto di quella osservazione positiva verso questa nobile età. Oggi mi trovo assolutamente preparato anche a gestire un rapporto con i giovani, perché io quando sto coi giovani sembra che loro abbiano 74 anni e io 18!”
Zero racconta di essere stato vittima di bullismo:
“Il bullismo l’ho vissuto senza termini di paragone perché non c’era una denuncia così totale sulle manifestazioni di violenza. Io tornavo a casa coi miei lividi, con un padre poliziotto cercavo il più possibile di tergiversare, di non far pesare ai miei genitori questo risultato che li avrebbe sicuramente offesi e anche preoccupati. Ho cominciato ad essere un pochino oggetto di questi scherni a 13 anni, un’età importante. Venendo dalle suore francesi del Sacro Cuore venivo vestito coi fiocchetti e coi volan, la gente mi scambiava per una ragazzina”.
Continuano a parlare della sua adolescenza, Renato Zero racconta che da ragazzo, una volta uscito da casa sua, aveva l’abitudine di cambiarsi d’abito all’insaputa dei suoi genitori: “Mi portavo un sacchetto, mi infilavo in un portone, mi cambiavo e uscivo. Prima di tornare a casa, mi infilavo di nuovo in questo portone e mi ricambiavo“. Una volta, però, suo padre si accorse che aveva in mano un sacchetto e gli chiese cosa ci fosse all’interno: “Cominciò a tirare fuori il boa con le piume, la tutina fucsia e tutto ciò che c’era dentro. Dopo aver svuotato tutto mi disse ‘Tu da domani esci da casa così'”.
Renato Zero rivela di non aver mai avuto timore nel parlare con suo padre o di dirgli come si vestiva, cercava di non dare nell’occhio per fuggire dagli sguardi dei 136 poliziotti che vivevano nel palazzo: “Stavano dietro alle tapparelle come le perpetue e dicevano “Guarda che figlio che c’ha”. Lo dicevano anche in faccia a mio padre, “Ma non ti vergogni di avere un figlio così?” ma lui non si è mai vergognato di me. Pensa la gente, dicono che oggi c’è cattiveria ma, in realtà, non è mai passata di moda”.
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