Rita Rusic, intervistata da Pierluigi Diaco nel programma Ti sento, si racconta tornando all’infanzia e ricordando l’esperienza nel campo profughi:
“Il campo profughi è un luogo circondato da filo spinato, pali di legno e guardie… Ricordo questa violenza molto forte, perché tutti noi profughi che eravamo lì dovevamo ‘sopravvivere’. C’erano delle ragazze sole che si sapeva che si prostituivano, padri che facevano prostituire le mogli poi però ci litigavano e le picchiavano. E poi ogni tanto la notte sentivi dei rumori, veniva la polizia e la mattina vedevi la porta spalancata e non trovavi più le persone che erano state riportate nei Paesi d’origine”.
Rita Rusic ricorda i tempi di “Attila flagello di Dio”, pellicola del 1982 con Diego Abatantuono e la regia di Castellano e Pipolo:
“E’ stato per caso, ma fino ad un certo punto perché ero la fidanzata del produttore. Ero lì. Il film lo doveva fare Eleonora Giorgi ma ci sono stati dei problemi e i registi hanno riaperto i casting di nuovo. Non trovavano e hanno detto a Vittorio: ‘Facciamo il provino a Rita’. Vittorio non era d’accordo, non voleva assolutamente che facessi l’attrice perché era molto geloso… Lui non voleva che io facessi niente, non voleva che andassi all’università, che andassi in palestra, che facessi l’attrice o la cantante… Io ero talmente giovane, avevo vent’anni, e mi sentivo lusingata. Pensavo: ‘Quanto mi ama, quanto mi vuole bene che ha paura di perdermi’…”.
“Uraia era una che rivendicava il suo essere donna, mentre Attila non voleva che lei mettesse bocca su niente”.
A proposito della sua carriera di produttrice, dichiara:
“Il mondo del cinema mi ha fatto pagare il fatto di essere una donna. Quando ho avuto quei successi enormi, di produttrici donne ce n’erano poche e me l’hanno fatto notare”.
E ricordando il successo de “Il Ciclone” e il momento in cui si è resa conto del talento di Leonardo Pieraccioni, dichiara:
“Quando Pieraccioni sul palco intratteneva il pubblico io non guardavo lui, ma la gente. E la vedevo così felice, così sorridente… Quella felicità e quella gioia che poi ha dato con i suoi film”.
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