Di cult generazionali, il cinema italiano è riuscito a regalarcene molti. E se ci riflettiamo un attimo, uno dei periodi più floridi in tal senso fu il passaggio dagli anni ’90 agli anni ’00. Le annate 99-00-01-02, per limitare leggermente il raggio, furono un periodo decisamente ricco di grandi storie, che oggi, a distanza di oltre vent’anni, riguardiamo con occhi diversi sì, ma neanche troppo. Una piccola premessa, questa, per andare a parlare di Santa Maradona, il film del 2001 diretto da Marco Ponti con protagonisti Stefano Accorsi e Libero De Rienzo, riproposto in questi giorni in televisione ad un anno dalla tragica morte di Libero.

Il 2001 fu senza dubbio l’anno emblema di Stefano Accorsi, come testimoniano le sue incursioni, da co-protagonista, in ben 4 film non proprio ininfluenti: L’ultimo bacio di Gabriele Muccino, Le Fate Ignoranti di Ferzan Ozpetek, La stanza del figlio di Nanni Moretti e, per l’appunto, Santa Maradona di Marco Ponti. Tutti titoli che a modo loro sono serviti a raccontare una generazione, oltre che usi e costumi di una società che all’epoca stava andando incontro a sostanziali cambiamenti. 

Tra questi, Santa Maradona è forse quello che lo fa in maniera più diretta, concentrando la storia su due ragazzi trentenni, alle prese con amori e mondo del lavoro, frustrazioni, ambizioni, dubbi, gioie e dolori. 

La storia segue le vicende di Andrea Straniero (Stefano Accorsi), un giovane laureato che a ventisette anni non riesce a trovare un impiego. L’uomo convive con un amico di vecchia data, Bartolomeo Vanzetti (Libero De Rienzo), che vanta di essere un grande critico letterario ma in realtà si limita a firmare gli articoli che gli scrive suo cugino. L’affitto dell’appartamento, tuttavia, è diventato troppo alto da quando il terzo inquilino, Pier, è partito per un viaggio e non è più tornato. Questo mette i due in serie difficoltà con il proprietario, costringendoli a uscire sempre con grande cautela per evitare di essere beccati.
Senza un lavoro e alcuna voglia di fare qualcosa di buono nella vita, vivono di espedienti e trascorrono le loro giornate a poltrire. Gli fa compagnia Lucia (Mandala Tayde), una ragazza italo-indiana e il suo fidanzato Marco (Fabio Troiano), spocchioso ma in fondo molto insicuro. Qualcosa sembra cambiare quando Andrea incontra per caso Dolores (Anita Caprioli), maestra e attrice teatrale, che lo travolge appassionatamente…

In una lunga e approfondita intervista pubblicata da Taxidrivers.it che potete leggere per intero qui, il regista Marco Ponti ha raccontato numerosi dettagli su Santa Maradona, tra cui aneddoti e scelte di cast. Molto interessante la parte dedicata a Libero De Rienzo e il suo provino. Ecco cosa ha raccontato:

Di Libero avevo visto in televisione una pubblicità di un’automobile dove c’erano dei ragazzi che andavano in vacanza e passavano il tempo a chiacchierare in auto. Uno di quelli era Libero. Per il personaggio di Bart avevamo fatto tantissimi provini, non dico a tutti gli attori di quella generazione ma quasi. Quando è arrivato Libero, il giorno del provino, io non ero così fiducioso perché nella mia testa doveva essere un personaggio molto alto e magro e invece è arrivato lui: abbiamo chiacchierato un po’ e mi ricordo che dissi “vabbè, dai, facciamo sto provino“. Lui mi guardò e mi fece: “dammi una stupida battuta d’inizio” e io: “chi, io?!” così lui mi ha guardato come per dire: “mi sono beccato un imbecille” e Libero fa “vabbè, dai, vediamo che si può fare”. Facemmo questo provino e, ti giuro, dopo cinque secondi ho guardato l’aiuto regista e gli ho detto che Bart era lui. Libero ha letto la sceneggiatura la sera stessa, mi ha chiamato e ha detto “ok, ci sono“, e da lì è iniziato un rapporto meraviglioso.

Una scelta che si è rivelata perfettamente azzeccata, con Libero che è riuscito ad entrare perfettamente nel personaggio, anche grazie a tante improvvisazioni:

[…] Lui era sempre pronto a inventarsi qualcosa. Se avessi la sceneggiatura sott’occhio si potrebbe vedere quante cose sono state scritte dalle nostre conversazioni. Io e Libero abbiamo camminato per Torino per secoli chiacchierando e devo dirti che, di tutte le persone conosciute nella mia vita, lui era quella con l’umorismo più simile al mio e questa è la mancanza che quotidianamente mi ferisce di più perché ci sono delle battute che mi viene da fare e non c’è più nessuno che ride. Lui era l’unico che rideva a quelle battute […].

Sulla grande alchimia tra Accorsi e De Rienzo, racconta:

Quello tra Stefano e Libero era un rapporto profondo; non facevano finta di essere amici. Alle volte si scambiavano le battute, cioè in sceneggiatura c’era tutto un pezzo che doveva dire Andrea e un altro assegnato a Bart, un botta e risposta che loro fecero scambiandosi le rispettive battute. Questo negava il metodo per cui è necessario diventare il personaggio. Loro rovesciavano la sceneggiatura e si scopriva che il testo diventava ancora più interessante e soprattutto spiazzante. Erano come due che conoscono così bene lo spartito musicale da poterne fare infinite variazioni. Pensa che per la scena finale – un piano sequenza molto complesso in cui c’è il litigio tra loro due -, siamo stati un’ora a chiacchierare. Abbiamo parlato un po’ degli affari nostri, della vita, delle cose importanti e a un certo punto loro hanno detto “ok, siamo pronti, andiamo“, e l’hanno fatta a un livello di intensità tale che la troupe ha iniziato ad applaudirli.

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